"L'ARTE NELLA BASILICA DELL'IMPRUNETA"
Testo di Rosanna Caterina Proto Pisani della Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze.
L'interno della chiesa, a navata unica, scandito da quattro altari in pietra serena, è ampio e solenne e presenta un aspetto tardo-cinquecentesco conferitole dai restauri eseguiti dopo le distruzioni belliche.
Il soffitto e a capriate in vista e le finestre timpanate hanno sostituito le finestre barocche distrutte durante i bombardamenti.
All'ingresso, a sinistra, vi è un elegante acquasantiera in marmo donata nel 1542 dalla Compagnia dei Tavernieri e Cuochi di Firenze; quindi, oltrepassato il Battistero dotato di un fonte battesimale ottagonale che reca la data 1590, si possono ammirare, sul primo altare a sinistra, il dipinto rappresentante La Vocazione di Pietro e Andrea, opera firmata da Jacopo Chimenti detto l'Empoli (1554-1640) e datata 1606, e sul secondo altare a sinistra Il Martirio di San Sebastiano attribuito a Matteo Rosselli (1578-1650).
Sulla parete, una bella cantoria in pietra serena, decorata da fregi in bassorilievo, del secolo XVI, sede un tempo dell'antico organo cinquecentesco, (attualmente in restauro), ospita un piccolo organo a canne del secolo XVIII.
Fra i due altari una porta consente l'accesso, attraverso un piccolo corridoio, all'Oratorio, sede della Compagnia di San Sebastiano, ornato sull'altare di una tela raffigurante la Madonna col Bambino tra San Rocco e San Sebastiano, attribuita a Giovanni Bilivert (1576-1644).
Il soffitto e a capriate in vista e le finestre timpanate hanno sostituito le finestre barocche distrutte durante i bombardamenti.
All'ingresso, a sinistra, vi è un elegante acquasantiera in marmo donata nel 1542 dalla Compagnia dei Tavernieri e Cuochi di Firenze; quindi, oltrepassato il Battistero dotato di un fonte battesimale ottagonale che reca la data 1590, si possono ammirare, sul primo altare a sinistra, il dipinto rappresentante La Vocazione di Pietro e Andrea, opera firmata da Jacopo Chimenti detto l'Empoli (1554-1640) e datata 1606, e sul secondo altare a sinistra Il Martirio di San Sebastiano attribuito a Matteo Rosselli (1578-1650).
Sulla parete, una bella cantoria in pietra serena, decorata da fregi in bassorilievo, del secolo XVI, sede un tempo dell'antico organo cinquecentesco, (attualmente in restauro), ospita un piccolo organo a canne del secolo XVIII.
Fra i due altari una porta consente l'accesso, attraverso un piccolo corridoio, all'Oratorio, sede della Compagnia di San Sebastiano, ornato sull'altare di una tela raffigurante la Madonna col Bambino tra San Rocco e San Sebastiano, attribuita a Giovanni Bilivert (1576-1644).
Ritornati in chiesa, si giunge al presbiterio, sopraelevato su quattro gradini dove si trovano i due tempietti michelozziani, a sinistra il tempietto che custodisce la veneratissima Immagine della Vergine. La tavola, abitualmente coperta da una delle caratteristiche "mantelline", attribuita tradizionalmente all'Evangelista Luca, è opera in gran parte ridipinta dal pittore inglese Ignazio Hugford nel 1758 su un supporto risalente con ogni probabilità al secolo XIII.
Il tempietto della Vergine - come il suo "pendant" destinato a custodire il Santissimo Sacramento - fu esemplificato sul modello del tempietto della Santissima Annunziata, eseguito, su disegno di Michelozzo, da Pagno di Lapo Portigiani e Maso di Bartolomeo. Le robbiane che lo ornano, eseguite da Luca della Robbia (1399 ca.-1482) presentano decorazioni raffinatissime sul frontone esterno e nel soffitto cassettonato. Ai lati della tavola della Vergine si stagliano sul fondo azzurro le statue dei Santi Paolo e Luca.
L'altare della Madonna, costituito da due gradini in argento ornati da lapislazzuli e pietre dure, presenta al centro il ciborio in argento raffigurante il Ritrovamento della Sacra Immagine. Il paliotto, anch'esso in argento, eseguito dagli orafi Cosimo Merlini il giovane e Bernardo Holzmann su disegno di Giovan Battista Foggini (1652-1725), fu donato come ex-voto da Cosimo III. Il medaglione centrale rappresenta il Granduca in preghiera dinanzi all’immagine delle Vergine, accompagnato lateralmente da due ovali, a sinistra Cristo che incorona i Santi Toscani e a destra la Madonna in gloria, la città di Firenze e le personificazioni della Toscana e dell’Arno. A destra del tempietto vi è il piccolo coro arredato da begli stalli della fine del secolo XV e inizio del secolo XVI, quindi dalla porta a sinistra dell'altare maggiore si entra nella sagrestia costituita da due ambienti.
La prima sagrestia, risalente al secolo XV, è ornata di un bel bancone in noce eseguito tra la fine del secolo XV e l'inizio del successivo e di alcune tavole tra le quali la Trinità di Mariotto di Nardo. La seconda sagrestia, un tempo riservata esclusivamente al Proposto, è arredata con begli armadi seicenteschi: sul bancone centrale si possono ammirare un interessante Crocifisso in bronzo e legno, opera della bottega di Pietro Tacca (1577-1649) e due angeli in terracotta dipinta, dei primi decenni del secolo XVI.
Il tempietto della Vergine - come il suo "pendant" destinato a custodire il Santissimo Sacramento - fu esemplificato sul modello del tempietto della Santissima Annunziata, eseguito, su disegno di Michelozzo, da Pagno di Lapo Portigiani e Maso di Bartolomeo. Le robbiane che lo ornano, eseguite da Luca della Robbia (1399 ca.-1482) presentano decorazioni raffinatissime sul frontone esterno e nel soffitto cassettonato. Ai lati della tavola della Vergine si stagliano sul fondo azzurro le statue dei Santi Paolo e Luca.
L'altare della Madonna, costituito da due gradini in argento ornati da lapislazzuli e pietre dure, presenta al centro il ciborio in argento raffigurante il Ritrovamento della Sacra Immagine. Il paliotto, anch'esso in argento, eseguito dagli orafi Cosimo Merlini il giovane e Bernardo Holzmann su disegno di Giovan Battista Foggini (1652-1725), fu donato come ex-voto da Cosimo III. Il medaglione centrale rappresenta il Granduca in preghiera dinanzi all’immagine delle Vergine, accompagnato lateralmente da due ovali, a sinistra Cristo che incorona i Santi Toscani e a destra la Madonna in gloria, la città di Firenze e le personificazioni della Toscana e dell’Arno. A destra del tempietto vi è il piccolo coro arredato da begli stalli della fine del secolo XV e inizio del secolo XVI, quindi dalla porta a sinistra dell'altare maggiore si entra nella sagrestia costituita da due ambienti.
La prima sagrestia, risalente al secolo XV, è ornata di un bel bancone in noce eseguito tra la fine del secolo XV e l'inizio del successivo e di alcune tavole tra le quali la Trinità di Mariotto di Nardo. La seconda sagrestia, un tempo riservata esclusivamente al Proposto, è arredata con begli armadi seicenteschi: sul bancone centrale si possono ammirare un interessante Crocifisso in bronzo e legno, opera della bottega di Pietro Tacca (1577-1649) e due angeli in terracotta dipinta, dei primi decenni del secolo XVI.
Rientrati in chiesa, l'altare maggiore è ornato con il Polittico rappresentante La Madonna con Bambino e Santi opera datata 1375 ed eseguita da Pietro Nelli con la probabile collaborazione di Tomaso di Marco del Mazza.
Il polittico e le robbiane dei due tempietti furono ridotti in minuscoli frammenti dai bombardamenti e il recupero ottenuto dai restauri del dopoguerra è davvero sorprendente per aver restituito alla piena godibilità opere importantissime, gravemente compromesse.
Il tempietto posto a destra dell'altare maggiore era destinato a custodire il Santissimo Sacramento: al centro del tabernacolo è rappresentata una drammatica Crocifissione opera di Luca della Robbia, fra San Giovanni Battista e un Santo Vescovo (San Romolo o San Zanobi). Il paliotto in argento è interessante opera di oreficeria fiorentina del secolo XVII.
Nell'attiguo coretto si trova la splendida grata in bronzo dorato decorata da emblemi della Passione, eseguita nel 1636 da Cosimo Merlini il Vecchio, orafo granducale. In questa nicchia era collocato il Reliquiario in argento e cristallo di rocca, commissionato da Maria Maddalena d'Austria per custodire i frammenti della Sacra Croce, reliquie donate da Filippo degli Scolari, noto come Pippo Spano, attualmente esposto nel Museo del Tesoro.
Nella prima cappella a destra, un tempo dedicata a Santa Maria Maddalena, si può ammirare sull’altare un Crocifisso in bronzo attribuito a Pietro Tacca (1577- 1649); sulla parete destra, la tomba del Vescovo Antonio degli Agli, buon esemplare di scuola fiorentina del secolo XV, sormontata da un tondo con la Madonna e il Bambino della bottega di Benedetto da Maiano.
Sui due altari nella parete destra della navata vi sono i dipinti La Natività della Vergine di Domenico Cresti detto il Passignano (1560-1635) firmato e datato 1602, e Il Martirio di San Lorenzo, attribuito a Cristofaro Allori (1577-1621). In controfacciata ha ripreso il suo posto la ricca cantoria che ospitava l'Organo del XVI secolo di Fra Bernardo da Argenta, attualmente in restauro.
Il polittico e le robbiane dei due tempietti furono ridotti in minuscoli frammenti dai bombardamenti e il recupero ottenuto dai restauri del dopoguerra è davvero sorprendente per aver restituito alla piena godibilità opere importantissime, gravemente compromesse.
Il tempietto posto a destra dell'altare maggiore era destinato a custodire il Santissimo Sacramento: al centro del tabernacolo è rappresentata una drammatica Crocifissione opera di Luca della Robbia, fra San Giovanni Battista e un Santo Vescovo (San Romolo o San Zanobi). Il paliotto in argento è interessante opera di oreficeria fiorentina del secolo XVII.
Nell'attiguo coretto si trova la splendida grata in bronzo dorato decorata da emblemi della Passione, eseguita nel 1636 da Cosimo Merlini il Vecchio, orafo granducale. In questa nicchia era collocato il Reliquiario in argento e cristallo di rocca, commissionato da Maria Maddalena d'Austria per custodire i frammenti della Sacra Croce, reliquie donate da Filippo degli Scolari, noto come Pippo Spano, attualmente esposto nel Museo del Tesoro.
Nella prima cappella a destra, un tempo dedicata a Santa Maria Maddalena, si può ammirare sull’altare un Crocifisso in bronzo attribuito a Pietro Tacca (1577- 1649); sulla parete destra, la tomba del Vescovo Antonio degli Agli, buon esemplare di scuola fiorentina del secolo XV, sormontata da un tondo con la Madonna e il Bambino della bottega di Benedetto da Maiano.
Sui due altari nella parete destra della navata vi sono i dipinti La Natività della Vergine di Domenico Cresti detto il Passignano (1560-1635) firmato e datato 1602, e Il Martirio di San Lorenzo, attribuito a Cristofaro Allori (1577-1621). In controfacciata ha ripreso il suo posto la ricca cantoria che ospitava l'Organo del XVI secolo di Fra Bernardo da Argenta, attualmente in restauro.
LA CANTORIA
Nei lavori di ristrutturazione dell'interno della chiesa promossi da Giovan Battista Casotti a partire dal 1714 e affidati all'architetto Alessandro Saller, si attuò lo spostamento in controfacciata dell'organo cinquecentesco dalla sua sede originaria, la cantoria in pietra serena.
Tale spostamento comportò necessariamente la costruzione di una ricchissima cantoria di alloggiamento che occupa l'intera parete di fondo.
Su mensoloni terminanti con protomi a mascheroni poggia una contro soffittatura di specchi laccati in bianco e decorati da fini intagli dorati.
Un'elegante balaustra, composta da cinque pannellature, decorata secondo lo stesso gusto, poggia su tale struttura. Il frontale dell'organo è costituito da un frontone spezzato, sormontato da due angioletti a tutto tondo con una grande conchiglia centrale. Due orecchioni, ornati con motivi fitomorfi, chiudono la parte interna centrale di estrema eleganza e raffinatezza, l'antica mostra dell'organo, riferibile al secolo XVI. Essa è costituita da un architrave decorato dai consueti motivi di baccellature e ovuli, che poggia su due paraste esterne adorne di motivi a candelabre e a grottesche scolpiti a bassorilievo; le stesse decorazioni si ritrovano negli elementi ornamentali delle campate. Il repertorio delle decorazioni della mostra cinquecentesca è ripreso puntualmente dalla cantoria in pietra dimostrando lo stretto legame tra i due oggetti. Infatti, anche se essi non sono stati eseguiti nello stesso lasso di tempo, certamente hanno convissuto per un lungo periodo: probabilmente la mostra lignea venne adeguata alla cantoria in pietra già esistente.
Per quanto riguarda la datazione della Cantoria, nell'Archivio della Basilica esiste una gran copia di documenti sull'organo, eseguito da Fra Bernardo da Argenta. I pagamenti per lo strumento si susseguono in un arco di tempo che comprende gli anni 1532-1535, il che ci consente di seguire le varie fasi di costruzione, oltre ai nomi di quanti parteciparono all'impresa in vesti diverse.
I lavori per l'organo e per la sua mostra dovevano procedere simultaneamente dal momento che negli anni 1534 e 1535 vi sono i pagamenti per conciare i cuoi per i mantici e quelli fatti a Mariotto di Francesco "dipintore" e Luca Tatini "legnaiolo", riferibili probabilmente alle parti ornamentali dell'organo.
Riguardo alla parte settecentesca si può ritenere che vi abbiano messo mano gli artigiani che lavoravano all'impresa del soffitto conclusa nel 1717. Da un piccolo volume custodito nell'Archivio della Basilica, "Spese per la soffitta intagliata e dorata", si conoscono i nomi di quanti parteciparono a questa decorazione: dall’architetto Alessandro Saller e dai pittori Antonio Pugliesi e Tommaso Redi a un tale Balatri legnaiolo e quindi ad Anton Maria Ricci Battiloro e Niccolò Casetti intagliatore.
Nel 1721 si dava inizio all'esecuzione degli otto grandissimi quadri racchiusi in enormi cornici che ornavano la navata e anche la parete di controfacciata, dei quali purtroppo tre sono andati distrutti, mentre gli altri cinque sono stati restaurati e si possono ammirare nella Basilica. Tutti i lavori dovevano essere terminati nel 1722, anno in cui risultano gli ultimi pagamenti.
Il restauro della cantoria eseguito con grande abilità e infinita pazienza da Andrea Fedeli sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Artistici e storici di Firenze, è durato lunghi anni, a causa non solo delle difficoltà insite nello Stesso intervento, ma soprattutto degli ingenti costi del restauro.
Obiettivo del restauro è stata la restituzione dell'opera alla godibilità.
Le parti che avevano subito minori danni (la mostra cinquecentesca e i mensoloni) sono state integralmente ricomposte con i pezzi originali recuperati; le parti che erano state danneggiate più gravemente (la balaustra e il frontale) hanno richiesto anche interventi di integrazione, sempre fedeli all'originale (ottenuti con calchi e con disegni precisi) e ampiamente documentati. L‘operazione di montaggio, di estrema delicatezza, è stata eseguita sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici che ha fornito il progetto e i calcoli per la realizzazione della nuova struttura.
La risistemazione in controfacciata della cantoria, alla quale è seguita quella delle tele settecentesche sulle pareti della navata, restituiscono alla Basilica di Santa Maria parte della ricca decorazione che ne aveva trasformato l’interno all‘inizio del Settecento, mostrandoci un'altra interessante pagina delle vicende storiche di questa chiesa.
Infine resta da aggiungere che l’organo della Basilica, opera insigne di Bernardo d‘Argenta, risalente alla fine dell’anno 1400, ridotto in condizioni pietose a causa del bombardamento aereo del 1944, una volta restaurato e rimesso al suo posto, fece nuovamente riascoltare il suo suono inconfondibile la domenica 12 Ottobre 1995, giorno della sua inaugurazione ufficiale.
Nei lavori di ristrutturazione dell'interno della chiesa promossi da Giovan Battista Casotti a partire dal 1714 e affidati all'architetto Alessandro Saller, si attuò lo spostamento in controfacciata dell'organo cinquecentesco dalla sua sede originaria, la cantoria in pietra serena.
Tale spostamento comportò necessariamente la costruzione di una ricchissima cantoria di alloggiamento che occupa l'intera parete di fondo.
Su mensoloni terminanti con protomi a mascheroni poggia una contro soffittatura di specchi laccati in bianco e decorati da fini intagli dorati.
Un'elegante balaustra, composta da cinque pannellature, decorata secondo lo stesso gusto, poggia su tale struttura. Il frontale dell'organo è costituito da un frontone spezzato, sormontato da due angioletti a tutto tondo con una grande conchiglia centrale. Due orecchioni, ornati con motivi fitomorfi, chiudono la parte interna centrale di estrema eleganza e raffinatezza, l'antica mostra dell'organo, riferibile al secolo XVI. Essa è costituita da un architrave decorato dai consueti motivi di baccellature e ovuli, che poggia su due paraste esterne adorne di motivi a candelabre e a grottesche scolpiti a bassorilievo; le stesse decorazioni si ritrovano negli elementi ornamentali delle campate. Il repertorio delle decorazioni della mostra cinquecentesca è ripreso puntualmente dalla cantoria in pietra dimostrando lo stretto legame tra i due oggetti. Infatti, anche se essi non sono stati eseguiti nello stesso lasso di tempo, certamente hanno convissuto per un lungo periodo: probabilmente la mostra lignea venne adeguata alla cantoria in pietra già esistente.
Per quanto riguarda la datazione della Cantoria, nell'Archivio della Basilica esiste una gran copia di documenti sull'organo, eseguito da Fra Bernardo da Argenta. I pagamenti per lo strumento si susseguono in un arco di tempo che comprende gli anni 1532-1535, il che ci consente di seguire le varie fasi di costruzione, oltre ai nomi di quanti parteciparono all'impresa in vesti diverse.
I lavori per l'organo e per la sua mostra dovevano procedere simultaneamente dal momento che negli anni 1534 e 1535 vi sono i pagamenti per conciare i cuoi per i mantici e quelli fatti a Mariotto di Francesco "dipintore" e Luca Tatini "legnaiolo", riferibili probabilmente alle parti ornamentali dell'organo.
Riguardo alla parte settecentesca si può ritenere che vi abbiano messo mano gli artigiani che lavoravano all'impresa del soffitto conclusa nel 1717. Da un piccolo volume custodito nell'Archivio della Basilica, "Spese per la soffitta intagliata e dorata", si conoscono i nomi di quanti parteciparono a questa decorazione: dall’architetto Alessandro Saller e dai pittori Antonio Pugliesi e Tommaso Redi a un tale Balatri legnaiolo e quindi ad Anton Maria Ricci Battiloro e Niccolò Casetti intagliatore.
Nel 1721 si dava inizio all'esecuzione degli otto grandissimi quadri racchiusi in enormi cornici che ornavano la navata e anche la parete di controfacciata, dei quali purtroppo tre sono andati distrutti, mentre gli altri cinque sono stati restaurati e si possono ammirare nella Basilica. Tutti i lavori dovevano essere terminati nel 1722, anno in cui risultano gli ultimi pagamenti.
Il restauro della cantoria eseguito con grande abilità e infinita pazienza da Andrea Fedeli sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Artistici e storici di Firenze, è durato lunghi anni, a causa non solo delle difficoltà insite nello Stesso intervento, ma soprattutto degli ingenti costi del restauro.
Obiettivo del restauro è stata la restituzione dell'opera alla godibilità.
Le parti che avevano subito minori danni (la mostra cinquecentesca e i mensoloni) sono state integralmente ricomposte con i pezzi originali recuperati; le parti che erano state danneggiate più gravemente (la balaustra e il frontale) hanno richiesto anche interventi di integrazione, sempre fedeli all'originale (ottenuti con calchi e con disegni precisi) e ampiamente documentati. L‘operazione di montaggio, di estrema delicatezza, è stata eseguita sotto la direzione della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici che ha fornito il progetto e i calcoli per la realizzazione della nuova struttura.
La risistemazione in controfacciata della cantoria, alla quale è seguita quella delle tele settecentesche sulle pareti della navata, restituiscono alla Basilica di Santa Maria parte della ricca decorazione che ne aveva trasformato l’interno all‘inizio del Settecento, mostrandoci un'altra interessante pagina delle vicende storiche di questa chiesa.
Infine resta da aggiungere che l’organo della Basilica, opera insigne di Bernardo d‘Argenta, risalente alla fine dell’anno 1400, ridotto in condizioni pietose a causa del bombardamento aereo del 1944, una volta restaurato e rimesso al suo posto, fece nuovamente riascoltare il suo suono inconfondibile la domenica 12 Ottobre 1995, giorno della sua inaugurazione ufficiale.
"LA BASILICA DI SANTA MARIA ALL'IMPRUNETA"
LE VICENDE ARCHITETTONICHE
Testo di Bruno Pacciani, estratto dall'omonimo articolo contenuto nel libro "Il tesoro di Santa Maria all'Impruneta", Becocci Editore (1987). Il testo è riprodotto per gentile concessione degli "Amici dei Musei Fiorentini".
La Basilica di S. Maria a Impruneta è, da quasi un millennio, l’episodio di maggior spicco e, se vogliamo, il fulcro di quel capoluogo i cui numerosi borghi, dipartendosi dalla piazza Buondelmonti, si irradiano verso il contado e gli altri centri relativamente distanti che identificano il paesaggio collinare a sud di Firenze.
L’area su cui sorge la Basilica, con il nucleo urbano più antico, è quella che si adagia tra i colli di S. Antonio e delle SS. Marie, con andamento concavo quasi ad assumere la configurazione di un’ampia sella. L’edificio, fatto costruire dalla famiglia dei Buondelmonti per custodire l'immagine taumaturgica della Madonna che la tradizione, ma non i documenti, attribuisce a S. Luca, fu consacrato intorno al 1060 dal cardinale Umberto di Silva Candida, come propone il Davidsohn attraverso la lettura della piccola targa romanica in pietra serena che ancora si conserva murata a sinistra dell’attuale porta principale. Tale datazione è stata avvalorata grazie ai lavori di ricostruzione dopo il bombardamento del 1944, durante i quali affiorarono, ad una quota di pochi centimetri sotto la pavimentazione attuale, i resti dell’impianto romanico [vedi fotografia].
Le connotazioni della chiesa primitiva si richiamano a quelle di tante altre pievi del contado fiorentino di quel periodo; le tre navate longitudinali concluse da abside circolare e le cinque campate sorrette da pilastri in conci di pietra alberese, ne pronunciano l’impianto planimetrico. Inoltre, la piccola cripta che insiste sotto la zona centrale del presbiterio, è sorretta da volte a crociera che concorrono sopra i pulvini di cinque tozze colonne in pietra serena.
La torre campanaria infine, della seconda meta del XIII secolo - primi XIV, con quattro ordini nella parte superiore alternati da bifore e monofore, è conclusa in sommità da una copertura a terrazza, delimitata da grosse merlature. Grazie alla compattezza della sua struttura con conci di roccia calcarea affilarati (alberese) e nonostante la sua pronunciata verticalità, è risultata la meno danneggiata dopo il bombardamento del ’44. Insieme alla torre civica che sorge sul fianco sinistro della facciata principale, è parte integrante della fortificazione che cingeva l’intero complesso della pieve fatta edificare dal pievano Antonio degli Agli (1377-99) quale difesa, da possibili scorrerie, delle numerose opere d’arte e del "tesoro" che già a quei tempi era divenuto cospicuo. Durante la radicale operazione di ricostruzione e restauro condotta, a partire dal 1944, dall’allora Soprintendenza ai Monumenti di Firenze, sotto la direzione dell’arch. Ferdinando Rossi, l‘impianto ecclesiastico ha riacquistato le connotazioni tardo-cinquecentesche poiché degli interventi barocchi che caratterizzavano la chiesa prima del bombardamento, tra cui il bellissimo soffitto ligneo intagliato e dorato del Saller (1713), ben poco era rimasto. La chiesa si presenta ancora oggi ad unica navata, coperta da un tetto a capriate con ampi arconi, tre per lato, in pietra serena finemente lavorata, che accolgono gli altari della fine del '500, una cappella con coro ligneo cinquecentesco a sinistra e la cappella del SS, Sacramento, sulla destra, con la tomba del pievano Antonio degli Agli. L‘ampia aula è inoltre ingentilita dalle finestre a timpano nella parte sopraelevata e dalla cantoria in pietra serena sul lato sinistro, di epoca rinascimentale, ampliata nel 1632 e decorata con bassorilievi.
La zona presbiteriale è caratterizzata dalle due edicole di epoca rinascimentale che ripetono il modello michelozziano della SS. Annunziata e che alcuni studiosi riconoscono quale opera del medesimo. Le due edicole, volute da Antonio degli Agli sarebbero una "riduzione" dell’impianto servita eseguito da Pagno di Lapo Portigiani (1447-61) e da Maso di Bartolomeo (1447) per Piero dei Medici, su disegni di Michelozzo. Anche queste due pregevolissime opere caddero in rovina con il bombardamento del 1944 e furono pazientemente ricomposte nelle forme originarie con esclusione delle due cupole settecentesche. AI centro della zona presbiteriale si sviluppa l’ampia cappella con volta a crociera costolonata, con l'altare maggiore ricomposto con i frammenti di quello del XII secolo. L’impianto ecclesiastico si conclude con l’abside a pianta pentagonale con cinque finestre a timpano, due delle quali oscurate dai corpi di fabbrica addossati. A sinistra dell’abside si accede alla sacrestia, costituita da due ampi spazi voltati, il primo del XV secolo ed il secondo del XVII con gli arredi lignei originali di pregevolissima fattura che contengono, oltre ai paramenti sacri, il "tesoro" della Basilica.
Ritornando verso l’aula, sempre sul lato sinistro, attraverso un corridoio, si accede alla sala della Compagnia di S. Sebastiano del 1593, con volta a botte affrescata del XVII secolo.
L’elegante portico del Silvani (1634) che caratterizza la facciata della Chiesa, si articola su cinque campate coperte con volte a crociera che si impostano, verso l'esterno, su quattro colonne e due semicolonne in pietra serena in stile dorico. Sopra le volte del portico corre un ampio vano coperto da un tetto in vista in legno e laterizio e che prende luce da cinque finestre in asse con le rispettive campate, evidenziate sulla superficie intonacata da una cornice in pietra. I lavori di restauro eseguiti dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici negli anni 1977-78 hanno consentito il consolidamento della parte estradossale delle volte e la realizzazione di un solaio con travi c.a. e laterizio per un sovraccarico utile di 400 kg/mq., il rifacimento della pavimentazione in cotto, la ricostruzione e la coibentazione del tetto, il ripristino degli intonaci a punta di mestola e della porzione di paramento in pietra della facciata primitiva della chiesa con ampio vano richiuso a mattoni a testimonianza di una apertura di epoca settecentesca. Con i predetti lavori e con quelli recentemente eseguiti dal Comune di Impruneta e dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze, è stato possibile ricavare lo spazio più congeniale nell’ambito dell’intero complesso per la realizzazione del Museo del Tesoro della Basilica che ogni interessato potrà finalmente godere nella sua peculiare ed inestimabile entità. [...]
L’area su cui sorge la Basilica, con il nucleo urbano più antico, è quella che si adagia tra i colli di S. Antonio e delle SS. Marie, con andamento concavo quasi ad assumere la configurazione di un’ampia sella. L’edificio, fatto costruire dalla famiglia dei Buondelmonti per custodire l'immagine taumaturgica della Madonna che la tradizione, ma non i documenti, attribuisce a S. Luca, fu consacrato intorno al 1060 dal cardinale Umberto di Silva Candida, come propone il Davidsohn attraverso la lettura della piccola targa romanica in pietra serena che ancora si conserva murata a sinistra dell’attuale porta principale. Tale datazione è stata avvalorata grazie ai lavori di ricostruzione dopo il bombardamento del 1944, durante i quali affiorarono, ad una quota di pochi centimetri sotto la pavimentazione attuale, i resti dell’impianto romanico [vedi fotografia].
Le connotazioni della chiesa primitiva si richiamano a quelle di tante altre pievi del contado fiorentino di quel periodo; le tre navate longitudinali concluse da abside circolare e le cinque campate sorrette da pilastri in conci di pietra alberese, ne pronunciano l’impianto planimetrico. Inoltre, la piccola cripta che insiste sotto la zona centrale del presbiterio, è sorretta da volte a crociera che concorrono sopra i pulvini di cinque tozze colonne in pietra serena.
La torre campanaria infine, della seconda meta del XIII secolo - primi XIV, con quattro ordini nella parte superiore alternati da bifore e monofore, è conclusa in sommità da una copertura a terrazza, delimitata da grosse merlature. Grazie alla compattezza della sua struttura con conci di roccia calcarea affilarati (alberese) e nonostante la sua pronunciata verticalità, è risultata la meno danneggiata dopo il bombardamento del ’44. Insieme alla torre civica che sorge sul fianco sinistro della facciata principale, è parte integrante della fortificazione che cingeva l’intero complesso della pieve fatta edificare dal pievano Antonio degli Agli (1377-99) quale difesa, da possibili scorrerie, delle numerose opere d’arte e del "tesoro" che già a quei tempi era divenuto cospicuo. Durante la radicale operazione di ricostruzione e restauro condotta, a partire dal 1944, dall’allora Soprintendenza ai Monumenti di Firenze, sotto la direzione dell’arch. Ferdinando Rossi, l‘impianto ecclesiastico ha riacquistato le connotazioni tardo-cinquecentesche poiché degli interventi barocchi che caratterizzavano la chiesa prima del bombardamento, tra cui il bellissimo soffitto ligneo intagliato e dorato del Saller (1713), ben poco era rimasto. La chiesa si presenta ancora oggi ad unica navata, coperta da un tetto a capriate con ampi arconi, tre per lato, in pietra serena finemente lavorata, che accolgono gli altari della fine del '500, una cappella con coro ligneo cinquecentesco a sinistra e la cappella del SS, Sacramento, sulla destra, con la tomba del pievano Antonio degli Agli. L‘ampia aula è inoltre ingentilita dalle finestre a timpano nella parte sopraelevata e dalla cantoria in pietra serena sul lato sinistro, di epoca rinascimentale, ampliata nel 1632 e decorata con bassorilievi.
La zona presbiteriale è caratterizzata dalle due edicole di epoca rinascimentale che ripetono il modello michelozziano della SS. Annunziata e che alcuni studiosi riconoscono quale opera del medesimo. Le due edicole, volute da Antonio degli Agli sarebbero una "riduzione" dell’impianto servita eseguito da Pagno di Lapo Portigiani (1447-61) e da Maso di Bartolomeo (1447) per Piero dei Medici, su disegni di Michelozzo. Anche queste due pregevolissime opere caddero in rovina con il bombardamento del 1944 e furono pazientemente ricomposte nelle forme originarie con esclusione delle due cupole settecentesche. AI centro della zona presbiteriale si sviluppa l’ampia cappella con volta a crociera costolonata, con l'altare maggiore ricomposto con i frammenti di quello del XII secolo. L’impianto ecclesiastico si conclude con l’abside a pianta pentagonale con cinque finestre a timpano, due delle quali oscurate dai corpi di fabbrica addossati. A sinistra dell’abside si accede alla sacrestia, costituita da due ampi spazi voltati, il primo del XV secolo ed il secondo del XVII con gli arredi lignei originali di pregevolissima fattura che contengono, oltre ai paramenti sacri, il "tesoro" della Basilica.
Ritornando verso l’aula, sempre sul lato sinistro, attraverso un corridoio, si accede alla sala della Compagnia di S. Sebastiano del 1593, con volta a botte affrescata del XVII secolo.
L’elegante portico del Silvani (1634) che caratterizza la facciata della Chiesa, si articola su cinque campate coperte con volte a crociera che si impostano, verso l'esterno, su quattro colonne e due semicolonne in pietra serena in stile dorico. Sopra le volte del portico corre un ampio vano coperto da un tetto in vista in legno e laterizio e che prende luce da cinque finestre in asse con le rispettive campate, evidenziate sulla superficie intonacata da una cornice in pietra. I lavori di restauro eseguiti dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici negli anni 1977-78 hanno consentito il consolidamento della parte estradossale delle volte e la realizzazione di un solaio con travi c.a. e laterizio per un sovraccarico utile di 400 kg/mq., il rifacimento della pavimentazione in cotto, la ricostruzione e la coibentazione del tetto, il ripristino degli intonaci a punta di mestola e della porzione di paramento in pietra della facciata primitiva della chiesa con ampio vano richiuso a mattoni a testimonianza di una apertura di epoca settecentesca. Con i predetti lavori e con quelli recentemente eseguiti dal Comune di Impruneta e dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze, è stato possibile ricavare lo spazio più congeniale nell’ambito dell’intero complesso per la realizzazione del Museo del Tesoro della Basilica che ogni interessato potrà finalmente godere nella sua peculiare ed inestimabile entità. [...]
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