"IN CAMMINO CON MARIA"
Di Mons. Luigi Oropallo Proposto della Basilica di Santa Maria all'Impruneta.
È importante che il cristiano svolga il suo cammino nella fede tendendo le mani a Maria: non si può arrivare alla piena scoperta del Cristo senza Maria.
Ma sappiamo veramente chi è Maria? Prima ancora di arrivare a scoprirlo, Gesù ce la presenta così: "Ecco tua Madre". Quanti di noi hanno coscienza di questa presenza nella loro vita? Non è una statua, non è un mito, non è un'immagine culturale, ma qualcuno che è con noi ora, adesso: con noi in Gesù, suo Figlio. Essa vive per l'eternità.
Come Gesù ha vissuto in Lei per diventare uomo, così ora chiediamo a Maria di insegnarci a vivere di quella fede che vuole che Dio sia tutto in tutti.
Spero che nel proprio cammino della fede ognuno di noi scopra sempre più la materna presenza di Maria e la sappia conservare nel proprio cuore.
Maria ci accompagni e soprattutto ci ispiri tutti i gesti della nostra vita; che Maria ci insegni a vivere in quel dinamismo dello Spirito Santo che ha fatto della sua vita lo spazio stesso di Dio.
Ma sappiamo veramente chi è Maria? Prima ancora di arrivare a scoprirlo, Gesù ce la presenta così: "Ecco tua Madre". Quanti di noi hanno coscienza di questa presenza nella loro vita? Non è una statua, non è un mito, non è un'immagine culturale, ma qualcuno che è con noi ora, adesso: con noi in Gesù, suo Figlio. Essa vive per l'eternità.
Come Gesù ha vissuto in Lei per diventare uomo, così ora chiediamo a Maria di insegnarci a vivere di quella fede che vuole che Dio sia tutto in tutti.
Spero che nel proprio cammino della fede ognuno di noi scopra sempre più la materna presenza di Maria e la sappia conservare nel proprio cuore.
Maria ci accompagni e soprattutto ci ispiri tutti i gesti della nostra vita; che Maria ci insegni a vivere in quel dinamismo dello Spirito Santo che ha fatto della sua vita lo spazio stesso di Dio.
"MARIA: UNA MADRE DOLCISSIMA"
Di Card. Silvano Piovanelli Arcivescovo Emerito di Firenze, tratto da: "Proclamiamo l'anno di Grazia del Signore" Lettera pastorale per il Giubileo del 2000.
Più volte da Firenze hanno guardato verso l’Impruneta, non tanto per ammirare il suo bel panorama o il suo proverbiale “cotto”, quanto per quella primavera dello spirito che, fra la mura della Basilica dedicata alla Vergine Maria, si può ritrovare.
“Si va alla Madonna dell’Impruneta”, è l’espressione che da secoli viene ripetuta dalla bocca e dal cuore di tanti. Qui, l’icona della madonna, che la tradizione vuole attribuita all'evangelista S. Luca, è invocata, pregata, amata quale Madre dolcissima e sempre presente in tutte le circostanze della vita gioiose e tristi.
I suoi occhi materni hanno visto e sanno vedere i momenti della disperazione del cuore umano e sanno infondere quella speranza che solo da Dio può venire.
E come Maria, per divino consiglio, “fu scelta” ad essere madre del Figlio di Dio e dare l’inizio della salvezza, così oggi la chiesa di Firenze a lei ricorre perché nel cuore dei suoi figli possa generare il frutto benedetto del suo seno: Gesù.
“Si va alla Madonna dell’Impruneta”, è l’espressione che da secoli viene ripetuta dalla bocca e dal cuore di tanti. Qui, l’icona della madonna, che la tradizione vuole attribuita all'evangelista S. Luca, è invocata, pregata, amata quale Madre dolcissima e sempre presente in tutte le circostanze della vita gioiose e tristi.
I suoi occhi materni hanno visto e sanno vedere i momenti della disperazione del cuore umano e sanno infondere quella speranza che solo da Dio può venire.
E come Maria, per divino consiglio, “fu scelta” ad essere madre del Figlio di Dio e dare l’inizio della salvezza, così oggi la chiesa di Firenze a lei ricorre perché nel cuore dei suoi figli possa generare il frutto benedetto del suo seno: Gesù.
"LA MADONNA DEI FIORENTINI"
Di Giulio Cesaere Staccioli (†) già Proposto dell'Impruneta
La Madonna dell’Impruneta - e mi perdonino gli imprunetini - è dei fiorentini; affettivamente, s'intende, ma è dei fiorentini. Firenze ha sempre guardato alla Madonna dell’Impruneta come a una sua particolare protettrice e l’ha sentita e fatta sua. Basta entrare in piazza Buondelmonti, entrare in Basilica, visitare il complesso monumentale, salire nel museo per convincersene: tutto parla di Firenze e dei fiorentini.
La nostra magnifica piazza - che tanti paesi e anche città ci invidiano - ha i loggiati: le cronache ci dicono che sono stati costruiti con le offerte dei fiorentini scampati alla peste degli anni intorno al 1630, quella peste ricordata anche dal Manzoni nei Promessi Sposi. Il porticato della Basilica, opera del famoso architetto Gherardo Silvani, è dono della Compagnia delle stimmate di Firenze;anche quello "depulsa peste" come dice I’iscrizione. Si entra in Basilica: le due pile dell’acqua santa: un dono della congrega dei "quochi" e dei tavernieri, l’altra della "congregatione" degli osti di Firenze. Chi sa mai quale motivo, oltre quello religioso, ha spinto proprio loro a fare questo dono. Ancora nella Basilica: l‘altare della Madonna, ex-voto del Granduca di Toscana, opera di Giovan Battista Foggini; le lampade votive: espressione della riconoscenza per grazie ricevute dai fiorentini; e ancora: il bellissimo Crocifisso del Gianbologna, dono della famiglia Petrai, fiorentina.
Non parliamo delle opere d’arte, ora nel museo: tutti atti di devozione alla Madonna; sembra di leggere il registro dell’anagrafe del comune di Firenze: Machiavelli, Strozzi, Niccolini, Rucellai, Corsini, Magalotti, Riccardi, Salviati, Cioli, ecc. E, presenti anche Tito Spano, e con lui la congregazione del Crocifisso dei Bianchi, gli "homini" di S. Maria Maddalena; ma non voglio allungare troppo la lista.
E, poi la storia: è un legame stretto tra Firenze o comune o granducato o repubblica con la Madonna dell’Impruneta. Ogni volta che i fiorentini erano inguaiati correvano all’Impruneta a prendere la venerata immagine e la portavano a Firenze. Per questo la Madonna, affettivamente, è dei fiorentini; e gli imprunetini? Noi siamo i custodi affettuosi - e geIosi - della sacra immagine. Qua, all'Impruneta, è stata trovata dal nostri padri qua ha dimostrato chiaramente di volere il suo santuario, quai nostri antenati, più poveri dei fiorentini. Le hanno costruito una bella Casa e qua vennero ai piedi della Gran Madre di Dio a portare i loro dolori e le loro speranze; qua, anche oggi, tutti gli imprunetini indistintamente sanno di avere una mamma che li guarda con amore e li perdona come fanno tutte le buone mamme.
La nostra magnifica piazza - che tanti paesi e anche città ci invidiano - ha i loggiati: le cronache ci dicono che sono stati costruiti con le offerte dei fiorentini scampati alla peste degli anni intorno al 1630, quella peste ricordata anche dal Manzoni nei Promessi Sposi. Il porticato della Basilica, opera del famoso architetto Gherardo Silvani, è dono della Compagnia delle stimmate di Firenze;anche quello "depulsa peste" come dice I’iscrizione. Si entra in Basilica: le due pile dell’acqua santa: un dono della congrega dei "quochi" e dei tavernieri, l’altra della "congregatione" degli osti di Firenze. Chi sa mai quale motivo, oltre quello religioso, ha spinto proprio loro a fare questo dono. Ancora nella Basilica: l‘altare della Madonna, ex-voto del Granduca di Toscana, opera di Giovan Battista Foggini; le lampade votive: espressione della riconoscenza per grazie ricevute dai fiorentini; e ancora: il bellissimo Crocifisso del Gianbologna, dono della famiglia Petrai, fiorentina.
Non parliamo delle opere d’arte, ora nel museo: tutti atti di devozione alla Madonna; sembra di leggere il registro dell’anagrafe del comune di Firenze: Machiavelli, Strozzi, Niccolini, Rucellai, Corsini, Magalotti, Riccardi, Salviati, Cioli, ecc. E, presenti anche Tito Spano, e con lui la congregazione del Crocifisso dei Bianchi, gli "homini" di S. Maria Maddalena; ma non voglio allungare troppo la lista.
E, poi la storia: è un legame stretto tra Firenze o comune o granducato o repubblica con la Madonna dell’Impruneta. Ogni volta che i fiorentini erano inguaiati correvano all’Impruneta a prendere la venerata immagine e la portavano a Firenze. Per questo la Madonna, affettivamente, è dei fiorentini; e gli imprunetini? Noi siamo i custodi affettuosi - e geIosi - della sacra immagine. Qua, all'Impruneta, è stata trovata dal nostri padri qua ha dimostrato chiaramente di volere il suo santuario, quai nostri antenati, più poveri dei fiorentini. Le hanno costruito una bella Casa e qua vennero ai piedi della Gran Madre di Dio a portare i loro dolori e le loro speranze; qua, anche oggi, tutti gli imprunetini indistintamente sanno di avere una mamma che li guarda con amore e li perdona come fanno tutte le buone mamme.
"IL CULTO FIORENTINO DELLA MADONNA DELL'IMPRUNETA"
Testo di Antonio Paolucci, estratto dall'articolo "Il Santuario di S. Maria all'Impruneta - Le vicende del culto" contenuto nel libro "Il tesoro di Santa Maria all'Impruneta", Becocci Editore (1987). Il testo è riprodotto per gentile concessione degli "Amici dei Musei Fiorentini".
[...] Il secondo Trecento, dopo la peste nera del 1348 e la grande crisi economica che la precedette e la seguì, fu un periodo calamitoso per l’ItaIia intera e, in particolare, per Firenze, stretta fra convulsioni politiche, disordini sociali, continue minacce alla sua stessa indipendenza. Non a caso il culto per Maria Mediatrice, scudo dell’ira divina, Madre Pietosa ed Avvocata del popolo cristiano, assunse particolare rilievo proprio in quell’epoca, come dimostra anche, nella produzione artistica, il diffondersi del tema iconografico della Madonna della Misericordia. La popolarità della Vergine imprunetina si afferma quindi in una congiuntura drammatica della storia fiorentina e toscana e continua poi, con crescente fervore, nei secoli successivi. Da protettrice di una piccola comunità rurale, la Madonna dell’Impruneta diventa nume tutelare della città di Firenze e, in seguito, con I’avvento del Principato e l’unificazione politica della Toscana, patrona ufficiale dello Stato e della dinastia medicea. Le fasi di tale passaggio furono graduali e non è questo il luogo per analizzarle dettagliatamente. È un fatto tuttavia che fra la metà del ’300 e la metà del ’700, l’immagine imprunetina appare strettamente legata a tutti gli episodi più significativi della storia fiorentina.
Per almeno quattro secoli non ci fu inondazione o contagio, carestia o siccità, crisi politica o minaccia di guerra, che non vedesse la traslazione della sacra immagine dall’Impruneta a Firenze. E ogni volta con gran concorso di popolo, riti solennissimi, suppliche e voti di autorità.
Fra il 1354 e il 1540 si contano ben 71 traslazioni, in media una ogni due anni e mezzo circa. Per ben 25 volte, nello stesso arco di tempo, le cause del trasferimento sono di natura meteorologica: la siccità ma, più spesso, la pioggia eccessiva e il terrore di quelle ricorrenti piene d’Arno di cui abbiamo conosciuto |’ultima drammatica manifestazione, il 4 Novembre 1966. Ma anche le ragioni della politica, la pace e la guerra, reclamano assai di frequente il viaggio a Firenze della venerata Patrona. Per la presa di Pisa (1406) e per la battaglia di Anghiari (1440) per la lega contro il Turco (1470) e per la conquista di Genova da parte dell’alleato milanese (1477), per la discesa di Carlo VIII e per l’assedio degli Imperiali. Dal 1494 al 1530, in un periodo fra i più drammatici della storia fiorentina, la Madonna dell’Impruneta venne portata ben sei volte a Firenze "per causa di guerra". L’acme del fervore religioso e della passione politica lo si raggiunse negli anni 1529-30 quando la Madonna dell’Impruneta, trasferita in Santa Maria del Fiore, diventa, nel cuore della città assediata, il simbolo stesso della libertà fiorentina: vera e propria "regina repubblicana" di tutto un popolo che si batte, con eroica determinazione, contro lo strapotere dell'armata di Carlo V.
Ma, nella memoria del popolo fiorentino e nella stessa storiografia ufficiale dello Stato mediceo, due sono le traslazioni rimaste soprattutto memorabili [...].
Mi riferisco alle processioni solennissime del 1633 e del 1711; la prima motivata da una calamità nazionale, anzi europea (il terribile contagio di manzoniana memoria), la seconda sollecitata da preoccupazioni più specificatamente fiorentine e toscane.
La traslazione del 1633 ebbe luogo nel giorni dal 20 al 23 Maggio, nel periodo più cupo della pestilenza. La sacra immagine percorse le strade di Firenze devastata dall’epidemia, sostando nelle chiese principali, raccogliendo ovunque indescrivibili manifestazioni di entusiasmo popolare e di fervore devoto. Poiché nei mesi successivi l’intensità del contagio andò gradatamente diminuendo fino a cessare del tutto, al punto che la città di Firenze fu dichiarata ufficialmente libera dalla peste già il 17 Settembre di quello stesso anno, non c’e da meravigliarsi se i fiorentini fecero a gara nell’esprimere la loro gratitudine alla Vergine taumaturga con copiosissime oblazioni ed ex voto di eccezionale pregio. "IncredibiIi sono le offerte di ogni genere, fatte dai popoli divoti, e grati alla loro Benefattrice", dice il Casotti il quale ricorda, fra l’altro, la grata in bronzo dorato, datata 1636 e firmata dall’orafo granducale Cosimo Merlini, che fu approntata con i denari raccolti nel 1633 e che ancora si può ammirare all’interno della Basilica, nel coretto della Santa Croce. Accanto alla grata bronzea del Merlini molti altri sono gli oggetti preziosi, datati o databili tutti fra il 1633 e il 1641, che furono offerti a seguito della traslazione del 1633, come ringraziamento per il cessato contagio. Basterà ricordare, fra quelli esposti nel museo [del Tesoro]: il reliquiario in argento di San Sisto, già di San Romolo, donato dal Granduca Ferdinando il il giorno 2 Ottobre 1633, la stupenda pisside di Cosimo Merlini, firmata e datata 1637, la coppia di candelieri offerta da Ginevra Carnesecchi e, soprattutto, l'eccezionale serie di ben 15 vasi votivi, in argento sbalzato e cesellato, donati da compagnie e congregazioni Iaicali, da famiglie patrizie, da rappresentanti del clero metropolitano.
Non meno straordinaria per spettacolare solennità, entusiasmo di popolo e ricchezza di doni prestigiosi, fu la traslazione del 1711 che si protrasse dal 20 Maggio al 3 Giugno. I motivi ufficiali che causarono la venuta a Firenze della Vergine imprunetina erano quelli di sempre: la minaccia di guerra, la paura della peste, le cattive annate, la carestia e la miseria che flagellavano i popoli toscani. Ma su questo cupo scenario incombeva un’altra e ancor più grave minaccia: la probabile prossima estinzione della dinastia regnante per la grave malattia che affliggeva il Gran Principe Ferdinando erede al trono e, dunque - nel fronteggiarsi delle cupidigie politiche sullo scacchiere internazionale - la possibile fine della indipendenza per la Nazione toscana. Come nel 1530, al tempo dell‘assedio imperiale, la Madonna dell’Impruneta torna ad essere invocata come salvatrice della patria, anche se la salvezza di Firenze si identifica, ora, con la guarigione di un principe imbelle che si consuma negli orrori di un precoce decadimento, fra attacchi di epilessia e di demenza.
Con queste parole lo storico contemporaneo Giovanni Battista Casotti descrive l’arrivo della processione in Palazzo Pitti: "Ma quale fu lo spettacolo, quando giunto sulla Piazza de' Pitti il venerabile tabernacolo e presa la via verso il reale Palazzo, fu collocato in mezzo di esso sopra un Palco coperto di velluto cremisi, in faccia appunto alla Camera del serenissimo Principe di Toscana il quale sebbene gravemente infermo, levatosi da letto, e senza uscire dalla stanza, affacciatosi alle vetrate della finestra, coll'assistenza del suo Confessore, volle riverire in quella forma migliore che poté la Santa figura. Levossi improvviso, all'inaspettata veduta, fra la turba innumerabile divota, mente tumultuante, il cui impeto appena potevano sostenere i soldati, e le guardie, un confuso strepito di acclamazioni, e di voci, rotte da singhiozzi e da gemiti. Altri con lieto viva esprimevano l’universale allegrezza nel rivedere dopo tanto tempo il loro Principe, la delizia del suo popolo. Altri con voti imploravano a gran voce l’intero ristabilimento della primiera salute. Piangevano altri per tenerezza dell‘afflizione della Sereniss. Consorte che in compagnia della Sereniss. Principessa Eleonora, stava prostrata sul Ballatoio del Palazzo, accanto alla Camera dell’infermo Principe"
Sembra di vederlo questo principe non ancora cinquantenne ma già devastato dalla malattia, che appare alla finestra sostenuto dal suo confessore; il libertino "martire di Venere" - cosi lo aveva definito un contemporaneo - ora terrorizzato dall’idea della morte, che offre alla Vergine dell’Impruneta l’ultima pietosa testimonianza di sé e della dinastia. E mai come in questa pagina del Casotti la Firenze degli ultimi Medici ci è apparsa in una luce altrettanto grottesca e sinistra. Il Gran Principe Ferdinando moriva il 30 Ottobre del 1713, due anni dopo la grande processione, e il destino di casa Medici si spegneva con lui. La guarigione dell’erede al trono non si era verificata, la Madonna dell’Impruneta, in quella occasione, non aveva fatto la grazia. Eppure la Conte, l'aristocrazia e l’intera città di Firenze si erano prodigate in generose offerte e in ricchi donativi. La lista delle oblazioni del 1711 occupa ben sei pagine del volume del Casotti. Sono tessuti rari e parati liturgici di gran prezzo, doti in denaro per le fanciulle povere, cospicue offerte di cera e numerosi pezzi di argenteria, alcuni dei quali (come la stupenda muta di candelieri e portacroce donata dal marchese Cosimo Riccardi) conservatisi fino ad oggi ed ora esposti nel museo [del Tesoro]. Per non dire di quello che fu, in assoluto, il più importante dono di argenteria: il mirabile paliotto che Cosimo III commissionò a Giovan Battista Foggini, al Merlini ed allo Holzmann e che ancora oggi si trova al suo posto all'altare della Vergine, sotto l’immagine venerata.
Con l'eta dei Lorena la popolarità del santuario imprunetino comincia lentamente a declinare. Si interrompe, comunque, il rapporto ufficiale fra culto e vita politica e civile che durava ininterrottamente da più di tre secoli. Nel Natale del 1740 (da pochi mesi si era insediato a Firenze il primo granduca lorenese, quasi subito sostituito da un Reggente per la chiamata di Francesco I al trono d’Austria) la Madonna dell’Impruneta tornò ancora a Firenze per scongiurare una piena d‘Arno che aveva già allagato mezza città. I tempi tuttavia stavano mutando. La politica dei Lorena puntava verso la modernizzazione in senso laico ed illuminista dello Stato e il processo innovativo toccò il culmine verso la fine del secolo, negli anni di Pietro Leopoldo e del vescovo Scipione de’ Ricci. La nuova sensibilità religiosa venata di spiritualismo giansenista inferse un duro colpo agli aspetti più appariscenti della devozione popolare, colpendo soprattutto le pratiche e i simboli che erano, o si riteneva fossero, segno di ignoranza e oggetto di superstizione. Processioni e pellegrinaggi, immagini miracolose e leggendarie reliquie, non ebbero vita facile al tempo del granduca Leopoldo e del vescovo de’ Ricci. Se ne ebbe una dimostrazione addirittura brutale nel 1785 allorché, per volontà del Governo, del clero "ilIuminato" e degli intellettuali di corte, fu imposta la distruzione degli innumerevoli ex-voto (molti di presumibile grande valore documentario e artistico) che la pietà popolare aveva accumulato, nel corso dei secoli, nella basilica della SS. Annunziata: il luogo mariano che contendeva da sempre all’Impruneta il primato della devozione fiorentina. Nel caso del santuario imprunetino non si arrivò a tanto. [...]
Pochissimi sono gli argenti di qualche pregio acquisiti al tesoro dell’Impruneta dalla fine del ’700 in poi. Fa eccezione il bel reliquiario di Santa Teodora, dono del granduca Pietro Leopoldo; non però al Santuario imprunetino ma all’Arcivescovo di Firenze Antonio Martini e da quest’ultimo trasmesso al patrimonio della nostra chiesa. Quanto poi ai manufatti dell’800 e del '900, la loro scarsità numerica e relativa modestia di manifattura risultano con tutta evidenza da uno sguardo anche sommario alla sala che ospita il museo [del Tesoro]. Concluso ormai il suo ruolo "politico" di patrona ufficiale della città di Firenze e della Nazione toscana, declinata di conseguenza la popolarità tenuta viva dalle frequenti processioni, la Madonna dell’Impruneta tornava ad essere quella che era stata nella sua giovinezza, quando il santuario non era ancora famoso e la Pieve estendeva la sua autorità spirituale sul borgo e sulla campagna circostante. Eppure c’e stato, ai nostri tempi, un ultimo intenso momento di comunione fra la Madonna dell‘Impruneta e la città di Firenze. Mi riferisco alle vicende dell’ultima guerra che videro, prima (nel luglio del 1944) lo sciagurato bombardamento del santuario, inutile anche dal punto di vista militare, e poi, fra il ‘47 e il ’50, il febbrile lavoro di ricostruzione e di restauro. Sui danni subiti dal monumento - alcuni purtroppo non riparabili, altri, per fortuna, egregiamente riparati - è stato scritto anche di recente e a quelle pagine volentieri si rimanda. In questa occasione desidero ricordare il ricovero avventuroso in Firenze dell’icona minacciata dalla guerra e poi il suo rientro trionfale all’Impruneta l’11 Maggio del 1947. Nell’estate del ’44, nei giorni della ritirata tedesca e della guerra civile, l’immagine della Madonna, rimasta incolume nel suo altare devastato, era stata portata via dalla chiesa e trasferita a Firenze dentro una ambulanza della Misericordia. Tre anni più tardi, dopo una accurata revisione curata dal Laboratorio di restauro della Soprintendenza, la venerabile icona tornava processionalmente all’Impruneta". Almeno 50.000 persone si raccolsero in Piazza Pitti da dove partì il grandioso corteo e 10.000 seguirono a piedi la processione fino al Santuario. Come nei tempi antichi la Madonna stava su un carro infiorato trainato da buoi, scortato da carabinieri a cavallo, seguito dal clero, dalle autorità, dal popolo salmodiante. Attraverso la città e la campagna ancora segnate dalle cicatrici della guerra, si ripeterono le scene di devozione e di fervore dei secoli passati. "A peste fame et bello libera nos Domine". L’antica preghiera del popolo cristiano era stata esaudita; forse, sarà sembrato ai più, in quel Maggio del ’47, non senza intercessione della Madre Misericordiosa. Del resto, il clima del primo dopoguerra - l'entusiasmo della ricostruzione e il sogno di una nuova Italia risorta dalla umiliazione e dalle rovine - aggiungeva alle forme del rito uno speciale significato. Per l’ultima volta la Madonna dell‘Impruneta torno ad essere la "Regina repubblicana" di Firenze e, come nel 1530, nella sua immagine si riconobbero le speranze e gli ideali di tutto un popolo.
Per almeno quattro secoli non ci fu inondazione o contagio, carestia o siccità, crisi politica o minaccia di guerra, che non vedesse la traslazione della sacra immagine dall’Impruneta a Firenze. E ogni volta con gran concorso di popolo, riti solennissimi, suppliche e voti di autorità.
Fra il 1354 e il 1540 si contano ben 71 traslazioni, in media una ogni due anni e mezzo circa. Per ben 25 volte, nello stesso arco di tempo, le cause del trasferimento sono di natura meteorologica: la siccità ma, più spesso, la pioggia eccessiva e il terrore di quelle ricorrenti piene d’Arno di cui abbiamo conosciuto |’ultima drammatica manifestazione, il 4 Novembre 1966. Ma anche le ragioni della politica, la pace e la guerra, reclamano assai di frequente il viaggio a Firenze della venerata Patrona. Per la presa di Pisa (1406) e per la battaglia di Anghiari (1440) per la lega contro il Turco (1470) e per la conquista di Genova da parte dell’alleato milanese (1477), per la discesa di Carlo VIII e per l’assedio degli Imperiali. Dal 1494 al 1530, in un periodo fra i più drammatici della storia fiorentina, la Madonna dell’Impruneta venne portata ben sei volte a Firenze "per causa di guerra". L’acme del fervore religioso e della passione politica lo si raggiunse negli anni 1529-30 quando la Madonna dell’Impruneta, trasferita in Santa Maria del Fiore, diventa, nel cuore della città assediata, il simbolo stesso della libertà fiorentina: vera e propria "regina repubblicana" di tutto un popolo che si batte, con eroica determinazione, contro lo strapotere dell'armata di Carlo V.
Ma, nella memoria del popolo fiorentino e nella stessa storiografia ufficiale dello Stato mediceo, due sono le traslazioni rimaste soprattutto memorabili [...].
Mi riferisco alle processioni solennissime del 1633 e del 1711; la prima motivata da una calamità nazionale, anzi europea (il terribile contagio di manzoniana memoria), la seconda sollecitata da preoccupazioni più specificatamente fiorentine e toscane.
La traslazione del 1633 ebbe luogo nel giorni dal 20 al 23 Maggio, nel periodo più cupo della pestilenza. La sacra immagine percorse le strade di Firenze devastata dall’epidemia, sostando nelle chiese principali, raccogliendo ovunque indescrivibili manifestazioni di entusiasmo popolare e di fervore devoto. Poiché nei mesi successivi l’intensità del contagio andò gradatamente diminuendo fino a cessare del tutto, al punto che la città di Firenze fu dichiarata ufficialmente libera dalla peste già il 17 Settembre di quello stesso anno, non c’e da meravigliarsi se i fiorentini fecero a gara nell’esprimere la loro gratitudine alla Vergine taumaturga con copiosissime oblazioni ed ex voto di eccezionale pregio. "IncredibiIi sono le offerte di ogni genere, fatte dai popoli divoti, e grati alla loro Benefattrice", dice il Casotti il quale ricorda, fra l’altro, la grata in bronzo dorato, datata 1636 e firmata dall’orafo granducale Cosimo Merlini, che fu approntata con i denari raccolti nel 1633 e che ancora si può ammirare all’interno della Basilica, nel coretto della Santa Croce. Accanto alla grata bronzea del Merlini molti altri sono gli oggetti preziosi, datati o databili tutti fra il 1633 e il 1641, che furono offerti a seguito della traslazione del 1633, come ringraziamento per il cessato contagio. Basterà ricordare, fra quelli esposti nel museo [del Tesoro]: il reliquiario in argento di San Sisto, già di San Romolo, donato dal Granduca Ferdinando il il giorno 2 Ottobre 1633, la stupenda pisside di Cosimo Merlini, firmata e datata 1637, la coppia di candelieri offerta da Ginevra Carnesecchi e, soprattutto, l'eccezionale serie di ben 15 vasi votivi, in argento sbalzato e cesellato, donati da compagnie e congregazioni Iaicali, da famiglie patrizie, da rappresentanti del clero metropolitano.
Non meno straordinaria per spettacolare solennità, entusiasmo di popolo e ricchezza di doni prestigiosi, fu la traslazione del 1711 che si protrasse dal 20 Maggio al 3 Giugno. I motivi ufficiali che causarono la venuta a Firenze della Vergine imprunetina erano quelli di sempre: la minaccia di guerra, la paura della peste, le cattive annate, la carestia e la miseria che flagellavano i popoli toscani. Ma su questo cupo scenario incombeva un’altra e ancor più grave minaccia: la probabile prossima estinzione della dinastia regnante per la grave malattia che affliggeva il Gran Principe Ferdinando erede al trono e, dunque - nel fronteggiarsi delle cupidigie politiche sullo scacchiere internazionale - la possibile fine della indipendenza per la Nazione toscana. Come nel 1530, al tempo dell‘assedio imperiale, la Madonna dell’Impruneta torna ad essere invocata come salvatrice della patria, anche se la salvezza di Firenze si identifica, ora, con la guarigione di un principe imbelle che si consuma negli orrori di un precoce decadimento, fra attacchi di epilessia e di demenza.
Con queste parole lo storico contemporaneo Giovanni Battista Casotti descrive l’arrivo della processione in Palazzo Pitti: "Ma quale fu lo spettacolo, quando giunto sulla Piazza de' Pitti il venerabile tabernacolo e presa la via verso il reale Palazzo, fu collocato in mezzo di esso sopra un Palco coperto di velluto cremisi, in faccia appunto alla Camera del serenissimo Principe di Toscana il quale sebbene gravemente infermo, levatosi da letto, e senza uscire dalla stanza, affacciatosi alle vetrate della finestra, coll'assistenza del suo Confessore, volle riverire in quella forma migliore che poté la Santa figura. Levossi improvviso, all'inaspettata veduta, fra la turba innumerabile divota, mente tumultuante, il cui impeto appena potevano sostenere i soldati, e le guardie, un confuso strepito di acclamazioni, e di voci, rotte da singhiozzi e da gemiti. Altri con lieto viva esprimevano l’universale allegrezza nel rivedere dopo tanto tempo il loro Principe, la delizia del suo popolo. Altri con voti imploravano a gran voce l’intero ristabilimento della primiera salute. Piangevano altri per tenerezza dell‘afflizione della Sereniss. Consorte che in compagnia della Sereniss. Principessa Eleonora, stava prostrata sul Ballatoio del Palazzo, accanto alla Camera dell’infermo Principe"
Sembra di vederlo questo principe non ancora cinquantenne ma già devastato dalla malattia, che appare alla finestra sostenuto dal suo confessore; il libertino "martire di Venere" - cosi lo aveva definito un contemporaneo - ora terrorizzato dall’idea della morte, che offre alla Vergine dell’Impruneta l’ultima pietosa testimonianza di sé e della dinastia. E mai come in questa pagina del Casotti la Firenze degli ultimi Medici ci è apparsa in una luce altrettanto grottesca e sinistra. Il Gran Principe Ferdinando moriva il 30 Ottobre del 1713, due anni dopo la grande processione, e il destino di casa Medici si spegneva con lui. La guarigione dell’erede al trono non si era verificata, la Madonna dell’Impruneta, in quella occasione, non aveva fatto la grazia. Eppure la Conte, l'aristocrazia e l’intera città di Firenze si erano prodigate in generose offerte e in ricchi donativi. La lista delle oblazioni del 1711 occupa ben sei pagine del volume del Casotti. Sono tessuti rari e parati liturgici di gran prezzo, doti in denaro per le fanciulle povere, cospicue offerte di cera e numerosi pezzi di argenteria, alcuni dei quali (come la stupenda muta di candelieri e portacroce donata dal marchese Cosimo Riccardi) conservatisi fino ad oggi ed ora esposti nel museo [del Tesoro]. Per non dire di quello che fu, in assoluto, il più importante dono di argenteria: il mirabile paliotto che Cosimo III commissionò a Giovan Battista Foggini, al Merlini ed allo Holzmann e che ancora oggi si trova al suo posto all'altare della Vergine, sotto l’immagine venerata.
Con l'eta dei Lorena la popolarità del santuario imprunetino comincia lentamente a declinare. Si interrompe, comunque, il rapporto ufficiale fra culto e vita politica e civile che durava ininterrottamente da più di tre secoli. Nel Natale del 1740 (da pochi mesi si era insediato a Firenze il primo granduca lorenese, quasi subito sostituito da un Reggente per la chiamata di Francesco I al trono d’Austria) la Madonna dell’Impruneta tornò ancora a Firenze per scongiurare una piena d‘Arno che aveva già allagato mezza città. I tempi tuttavia stavano mutando. La politica dei Lorena puntava verso la modernizzazione in senso laico ed illuminista dello Stato e il processo innovativo toccò il culmine verso la fine del secolo, negli anni di Pietro Leopoldo e del vescovo Scipione de’ Ricci. La nuova sensibilità religiosa venata di spiritualismo giansenista inferse un duro colpo agli aspetti più appariscenti della devozione popolare, colpendo soprattutto le pratiche e i simboli che erano, o si riteneva fossero, segno di ignoranza e oggetto di superstizione. Processioni e pellegrinaggi, immagini miracolose e leggendarie reliquie, non ebbero vita facile al tempo del granduca Leopoldo e del vescovo de’ Ricci. Se ne ebbe una dimostrazione addirittura brutale nel 1785 allorché, per volontà del Governo, del clero "ilIuminato" e degli intellettuali di corte, fu imposta la distruzione degli innumerevoli ex-voto (molti di presumibile grande valore documentario e artistico) che la pietà popolare aveva accumulato, nel corso dei secoli, nella basilica della SS. Annunziata: il luogo mariano che contendeva da sempre all’Impruneta il primato della devozione fiorentina. Nel caso del santuario imprunetino non si arrivò a tanto. [...]
Pochissimi sono gli argenti di qualche pregio acquisiti al tesoro dell’Impruneta dalla fine del ’700 in poi. Fa eccezione il bel reliquiario di Santa Teodora, dono del granduca Pietro Leopoldo; non però al Santuario imprunetino ma all’Arcivescovo di Firenze Antonio Martini e da quest’ultimo trasmesso al patrimonio della nostra chiesa. Quanto poi ai manufatti dell’800 e del '900, la loro scarsità numerica e relativa modestia di manifattura risultano con tutta evidenza da uno sguardo anche sommario alla sala che ospita il museo [del Tesoro]. Concluso ormai il suo ruolo "politico" di patrona ufficiale della città di Firenze e della Nazione toscana, declinata di conseguenza la popolarità tenuta viva dalle frequenti processioni, la Madonna dell’Impruneta tornava ad essere quella che era stata nella sua giovinezza, quando il santuario non era ancora famoso e la Pieve estendeva la sua autorità spirituale sul borgo e sulla campagna circostante. Eppure c’e stato, ai nostri tempi, un ultimo intenso momento di comunione fra la Madonna dell‘Impruneta e la città di Firenze. Mi riferisco alle vicende dell’ultima guerra che videro, prima (nel luglio del 1944) lo sciagurato bombardamento del santuario, inutile anche dal punto di vista militare, e poi, fra il ‘47 e il ’50, il febbrile lavoro di ricostruzione e di restauro. Sui danni subiti dal monumento - alcuni purtroppo non riparabili, altri, per fortuna, egregiamente riparati - è stato scritto anche di recente e a quelle pagine volentieri si rimanda. In questa occasione desidero ricordare il ricovero avventuroso in Firenze dell’icona minacciata dalla guerra e poi il suo rientro trionfale all’Impruneta l’11 Maggio del 1947. Nell’estate del ’44, nei giorni della ritirata tedesca e della guerra civile, l’immagine della Madonna, rimasta incolume nel suo altare devastato, era stata portata via dalla chiesa e trasferita a Firenze dentro una ambulanza della Misericordia. Tre anni più tardi, dopo una accurata revisione curata dal Laboratorio di restauro della Soprintendenza, la venerabile icona tornava processionalmente all’Impruneta". Almeno 50.000 persone si raccolsero in Piazza Pitti da dove partì il grandioso corteo e 10.000 seguirono a piedi la processione fino al Santuario. Come nei tempi antichi la Madonna stava su un carro infiorato trainato da buoi, scortato da carabinieri a cavallo, seguito dal clero, dalle autorità, dal popolo salmodiante. Attraverso la città e la campagna ancora segnate dalle cicatrici della guerra, si ripeterono le scene di devozione e di fervore dei secoli passati. "A peste fame et bello libera nos Domine". L’antica preghiera del popolo cristiano era stata esaudita; forse, sarà sembrato ai più, in quel Maggio del ’47, non senza intercessione della Madre Misericordiosa. Del resto, il clima del primo dopoguerra - l'entusiasmo della ricostruzione e il sogno di una nuova Italia risorta dalla umiliazione e dalle rovine - aggiungeva alle forme del rito uno speciale significato. Per l’ultima volta la Madonna dell‘Impruneta torno ad essere la "Regina repubblicana" di Firenze e, come nel 1530, nella sua immagine si riconobbero le speranze e gli ideali di tutto un popolo.
"LE TRASLAZIONI DELLA VENERATA IMMAGINE A FIRENZE NEI SECOLI"
Testo di Leandro Giani, tratto dal fascicolo "Basilica di S.Maria - Impruneta - Sei secoli di storia: una città, un paese, una Madonna", stampato in occasione della traslazione della Venerata Immagine del 1988 per l'Anno Mariano e per il Sinodo della Chiesa fiorentina.
II culto dei fiorentini per la Madonna di Impruneta si rifà indubbiamente al concetto di Maria-Mediatrice, come altri hanno avuto occasione di affermare, anticipato dal predicatore Jacopo Passavanti e divenuto patrimonio comune nella cultura tardo-medievale, in quel periodo cioè in cui peste, carestie, e continue guerre sconvolsero I’Europa e ne decimarono la popolazione che, dai 75 milioni circa del 1300 scese ai 45 milioni dopo appena due secoli.
Questo concetto si ritrova peraltro nei “Capitoli della Compagnia” della Madonna di Impruneta, “la quale fu creata per la detta chiesa reparare et conservare et onorare e molte santuarie osservanzie di Dio e della sua beata Madre”. Nel prologo e nel seguito di detti capitoli, scritti nel XIV secolo, è evidente il rapporto fra Maria e suo figlio, espresso peraltro nelle semplici forme del Vangelo (Egli “stava sottomesso” a Lei “a la petizione di Lei, umile e sempre reverente, fece dell’acqua perfetto e abbondavole vino” ...). E fra le tante cronache del Casotti: “e per placare l’ira di Dio s’ebbe ricorso all’intercessione della Vergine con far venire alla città la Tavola dell’Impruneta”. Il discorso, di per sé interessante, ci porterebbe lontani e fuori strada dal momento che quanto sinora detto è sufficiente a focalizzare un periodo storico nel cui contesto si sviluppò il culto mariano dei fiorentini, rivolto in maniera che spesso trascendeva le regole ma non il senso devozionale, alla Madonna dell’Impruneta. Che per molti secoli innanzi era vissuta all'ombra della Pieve che la custodiva, venerata dalla gente del posto e da quanti percorrevano il tracciato stradale di quella che fu la Via Cassia imperiale, costruita come variante della vecchia via consolare al tempo dell’Imperatore Adriano. In pratica, una scorciatoia dell’antica Cassia che penetrava nel territorio fiorentino attraverso il Passo di Cintoia (monti del Chianti), giungeva a Impruneta e quindi, toccando Giogoli si innestava sulla via Volterrana pervenendo a Firenze.
La situazione si capovolge e mette in crisi tutto il territorio del piviere verso la fine del XIII secolo, quando a seguito della bonifica del fondo valle dell’Ema, la via Cassia imperiale subisce una deviazione subito dopo il Passo di Cintoia e, fatta incanalare nella zona bonificata, punta dritta su Firenze “per la Porta a S. Niccolò”. Il tracciato Impruneta-Giogoli, quindi, diventa un ramo secco e viene comunque abbandonato dalle correnti di mercanti e viandanti da e per Roma. La Pieve rischia cosi di restare isolata da tutto il territorio fiorentino.
Ma se fino ad allora si ha solo notizia che la Pieve era dedicata a Santa Maria e che in quella chiesa si conservava un’antica Immagine della Madonna, dipinta su tavola, è proprio agli inizi del XIV secolo che si sviluppa il culto particolare per “quella” Madonna e si delineano, per la Pieve di Impruneta, le caratteristiche proprie di un Santuario mariano.
Ed è verso la metà dello stesso secolo che Firenze ricorre sempre di più alle “intercessioni della Vergine” perché “Dio plachi” i flagelli che la colpiscono, tanto da far dire che “i fiorentini hanno all'Impruneta una Madonna che fa a modo loro”, e che i pellegrinaggi al Santuario si fanno sempre più numerosi. In maniera tale da imporre il rinnovamento edilizio della Chiesa, avvenuto mediante la demolizione della Pieve romanica consacrata il 3 Gennaio 1060 dal Cardinale Umberto di Silva Candida, e la costruzione di un edificio più vasto, in grado cioè di accogliere un sempre maggior numero di pellegrini.
La nuova chiesa si presenta quindi spaziosa, a una sola navata, con grandi e bellissime capriate. La nuova realtà religiosa consente peraltro alla pieve imprunetina di superare la crisi di isolamento e di decadenza, caratteristica comune a tante pievi del XIV secolo, rivelando nel contempo la sua originalità di Santuario retto dal Clero secolare anziché da monaci o religiosi.
In questo contesto inizia la storia delle traslazioni della Madonna dell’Impruneta a Firenze, sempre legate ai periodi più salienti e burrascosi della vita di quella città. Documentazioni autentiche ci indicano la continuità di queste processioni nel lungo periodo che va dal 1348 al 1740, senza voler far riferimento alla tragica traslazione avvenuta a causa del bombardamento della Chiesa del 1944, ovvero per tutto il periodo della Repubblica e del Principato della Repubblica e del Principato mediceo. A distanza di cosi tanti secoli, una “rilettura” di quei “fatti”, “eventi storici” ed episodi calamitosi, ci sembra quanto mai utile, con la semplice, intima gioia che fa ricco il nostro cuore di fronte alla Sua Immagine divina e mediatrice del rapporto personale di ognuno con Dio.
Con questo spirito offriamo al lettore il seguito nel nostro lavoro.
1348 - Ne riferisce lo storico Matteo Villani nel IV libro delle sue croniche, scrivendo della terribile pestilenza durante la quale morirono, secondo Giovanni Boccaccio ("in città e dominio") oltre centomila persone, mentre le enormi piogge avevano causato il crollo di tutti i ponti dell‘Arno e l'allagamento delle pianure circostanti. Se il riferimento storico, tramandatoci da Raffaello Bianchini nel suo libro "Impruneta paese e Santuario" è esatto, si tratta anche del primo miracolo operato dalla Madonna di Impruneta in Firenze. In pochi giorni, infatti, la pestilenza scomparve e cessarono le piogge devastatrici.
1354 - Alla peste aveva fatto seguito una crescente carestia destinata ad acuirsi sensibilmente per una ostinata siccità, dietro la quale non si nascondeva poi più tanto, peri fiorentini, lo spettro della fame. Da qui il ricorso a continue processioni ed a riti religiosi di varia natura fino a quando, visto il persistere della pericolosa situazione, "i cittadini con grande divozione e speranza (dice ancora Matteo Villani) ricorsero all'aiuto di nostra Donna dipinta nella tavola di Santa Maria in Pineta, e a dì 9 di Maggio 1354, fatto apparecchiamento per lo comune di molti doppieri andarono incontro alla detta tavola infino fuori della Porta di S. Piero Gattolino... Avvenne, che in quella giornata confinovando la processione il cielo empié di nuvoli, e il secondo dì sostenne il nuvolato, che per molte volte prima s'era continavo per la calura consumato, il terzo cominciarono a stillare minuto e poco, e il quarto a piovere abbondantemente...". Esisteva del resto per queste occasioni un rituale ben preciso. Quando pioveva si portava I’Immagine sul Monte delle Sante Marie, quando persisteva la siccità su quello di Sant’Antonio, i due monti dirimpettai di Impruneta, e quando la situazione appariva compromessa si portava la Madonna a Firenze accogliendola con tutte le reliquie dei Santi patroni, ivi compresi il braccio di S. Filippo e la testa di San Zanobi.
1383 - È ancora la peste che miete vittime a Firenze, come già era avvenuto 35 anni prima. Secondo quanto narra Scipione Ammirato, il nuovo flagello fece 400 vittime in un sol giorno. La Venerata Immagine venne quindi ricondotta in città ed è stavolta Ser Nando da Montecatini, noto diarista deII’epoca, che scrive: "le fervide preci furono ascoltate e la moria cessa".
1384 - Le cause di guerra non erano estranee al desiderio dei fiorentini di ottenere la protezione della Madonna, tanto che ben 14 volte l’Immagine fu portata a Firenze per questo motivo. L’occasione di quest'anno è legata alle gesta del Duca d’Angiò e di Carlo Durazzo che dopo aver mietuto terrore in quel di Arezzo, minacciavano di compiere ulteriori crudeltà in Firenze. La traslazione avvenne I’11 Giugno per ottenere "pace, unita e buono istato".
1389 - Le ambizioni di Gian Galeazzo Visconti, rivolte al trono d’Italia, rappresentano un pericolo per Firenze e la Toscana destinata, nei suoi propositi, a far la fine della Lombardia. Ma stavolta i fiorentini ottengono il miracolo mediante processioni al Santuario di Impruneta, e la Tavola fu portata a Firenze solo per ringraziamento, quando cioè Gian Galeazzo, sceso a più miti consigli, ebbe firmato il trattato di pace a Genova, in seguito al quale fu poi costruita in Firenze una Lega difensiva fra Papa Bonifacio IX, Firenze, Pisa, Bologna, gli Estensi, i Gonzaga, i Carraresi ed i Manfredi allo scopo di opporsi allo strapotere dei Visconti.
1392/1396/1400 - Mentre per quanto concerne il 1392 e il 1396 le notizie pervenuteci si fermano a Scipione Ammirato "il giovane", non essendovi alcun riscontro da parte dei cronisti dell’epoca, ben documentata e invece la Processione del 1400, svoltasi nel desolante clima di lutto per la peste scoppiata in Europa e importata anche in italia e quindi in Toscana dalle orde fanatiche dei Penitenti bianchi! Era primavera e con I’arrivo del caldo la situazione si faceva drammatica, per cui, scrive ancora Scipione Ammirato, "... per placare I‘ira di Dio s’ebbe ricorso alla intercessione della Vergine col far venire alla città la Tavola dell'Impruneta ... la peste subito decrebbe ed a poco a poco cessò".
1406 - Firenze entra nel gioco dei grandi cambiamenti politici che caratterizzarono il periodo che va dalla seconda metà del XIV secolo alla prima meta del XVI, determinati spesso da guerre logoranti. Fra queste va ascritta quella del 1406 relativa alla conquista di Pisa, sbocco naturale di Firenze sul mare. Cosi descrive l’episodio Luca dalla Scarperia, Monaco di VaIIombrosa: "... come i fiorentini seppeno la novella dell'avuta Pisa feciono grande festa e solenne prociscione per tutta la terra ringraziando Iddio ... poi fecion fare Ii priori che tra di sé facesse festa per tutta la città e che tutto il popolo vi partecipasse ... venne alla detta prociscione la Tavola di Sancta Maria Impruneta e tutte le reliquie sancte della città vi furono..." Sembra che in quella particolare circostanza predicasse il Beato Giovanni Dominici, fondatore di S. Domenico a Fiesole.
1408/1410/1414/1417 - Delle prime tre traslazioni si ha notizia soltanto nel "Diario di Fatti della città di Firenze" scritto da Bartolommeo di Michele Vinattiere. Le date indicate sono rispettivamente il 2 Aprile 1408, il primo Gennaio 1410 e il 7 Agosto 1414. I motivi: la pace con Ladislao, Re di Napoli, e violenti movimenti tellurici "... fra i quali ne venne il dì 7 tra Nona e’I Vespro due sì grandi che tutto il popolo di Firenze impaurì il detto dì e caddono in Firenze più di 200 cammini o tutti o parte e alcuno muro e tetti per modo che feciono assai danno". La quarta, invece, rivela l'abuso che si fa della Madonna dell’Impruneta anche per piccoli avvenimenti, come la caduta abbondante di piogge o semplicemente il timore di nuovi casi cli peste. Come in quest’ultima occasione, datata 19 Giugno 1417. Tanto che il 17 Febbraio 1435, dopo altre 14 processioni della Madonna a Firenze, il Gonfaloniere di Giustizia Cosimo de' Medici, decretò: "che non fosse più lecito al Magistrato ed agli altri Collegi ed Uffici di deliberare che si facesse venire la Tavola dell’Impruneta a Firenze, senza che prima ne fosse vinto il partito, fra tutti, con almeno 32 voti favorevoli".
1438 - La Madonna del'Impruneta, quindi, entrava nelle regole della democrazia dei numeri. È probabile che le "correnti" partitiche siano sorte proprio in quel periodo. Il che dimostra che anch’esse hanno una lunga tradizione. Scherzi a parte, la restrizione medicea non piacque né punto né poco, tanto che i Partiti furono democraticamente vinti e il 22 Febbraio del 1438, domenica, la Tavola fu condotta nuovamente a Firenze perché "facesse rassettare il tempo". Si ha notizia anche di una successiva traslazione dedicata alla vittoria nella battaglia di S. Romano, passata alla storia dell‘arte per i dipinti di Paolo Uccello.
1440 - Battaglia di Anghiari: "L'anno 1440, la terza domenica di Luglio si portò la Tavola per ringraziare Iddio della vittoria ottenuta da noi il 29 di Giugno presso Anghiari contro Niccolò Piccino, Capitano di Filippo Maria Visconti, Duca di Milano ... La zuffa - continua il diarista - durò dalle 19 fino alle 23 ore, si presero circa 300 cavalli e 1.500 prigionieri di taglie, e 22 capi di squadra di 26 che erano".
1441/1442/1444 - La venerata Immagine viene portata a Firenze per motivi diversi: la prima volta per ringraziamento della pace conclusa in Cremona con il Visconti tramite Francesco Sforza, la seconda per impetrare la pace ancora in pericolo per l’Italia sempre a causa del focoso Duca di Milano e l’altra, conseguenziale, per ringraziamento dello scampato pericolo di nuove guerre.
1446/1447 - La prima traslazione e dovuta ancora una volta a fenomeni atmosferici, la seconda invece assume un carattere di vera festa, essendo stata dedicata alle vicende di Papa Niccolò V "... del quale si racconta per cosa molto singolare, essere stato fatto in uno stesso anno, Vescovo di Bologna, Cardinale e Pontefice...". Il cumulo delle cariche, evidentemente, non e una invenzione moderna.
1450/1451 - Dal 1451 inizia una politica di pace, i cui segni si erano già avvertiti peraltro con I’avvento di Cosimo il Vecchio e della Casa medicea, grazie alla quale prevalgono criteri di alleanza che coinvolgono tutta l‘Italia e i suoi principali Stati. Si tratta finalmente di una pace vera, che dura circa quarant’anni. Ma Firenze è troppo legata alla Tavola della Madonna di Impruneta per privarsi della Sua presenza, guerra o non guerra. È non è una Madonna "a mo' dei fiorentini"? Cosicché il 25 di Novembre del 1450 la Repubblica fiorentina chiama ancora a sé la Venerata Immagine per far cessare la pioggia devastatrice che durava da oltre un mese, e il 17 di Novembre dell’anno successivo per "cagione della lega conchiusa a dì 4 detto mese dai fiorentini fra Cosimo dei Medici, i Genovesi e il Duca di Milano contro Alfonso Re di Napoli e i Veneziani".
1452/1454 - Altri due avvenimenti legati alla "ragione della lega". Il 16 Aprile 1452 per la conclusione di quella destinata alla difesa degli Stati, protagonisti Carlo VII, Re di Francia, il Duca di Milano e la Repubblica di Firenze; il 24 Aprile ed il 7 Settembre 1454 per quella conclusa fra lo stesso Duca di Milano e i Veneziani da una parte e il primo e la Comunità di Firenze, dall’altra.
1455 - Torna in città la Tavola il 9 Febbraio, quale ringraziamento alla Vergine perle cessate ostilità tra Renato d’Angiò Re di Napoli e il Re Alfonso d'Aragona, mediata a quanto pare dal Cardinale Fermo, legato del Papa e dagli Ambasciatori di Venezia, Milano e Firenze.
1466 - Di questa processione della Madonna di Impruneta a Firenze non se ne conoscono i motivi, ma ce ne parla Francesco Rondinelli, bibliotecario di casa medicea, indicando la data del 15 Marzo e sottolineando che vi parteciparono, fra gli altri, "circa 1400 coppie di battuti di più Compagnie, e 500 coppie di Frati di varie Regole, senza i Preti e i Canonici e fu donato alla Vergine un bel velo, quattro mantelline di seta e molta cera".
1468 - Si tratta dì un riferimento storico importante, contraddistinto dalla rabbiosa rivolta contro i Medici da parte degli esuli fiorentini, decisi a brigare con la Repubblica di Venezia contro la propria città pur di soddisfare la loro sete dì vendetta. È così che, al comando di BartoIommeo Colleoni, l'esercito veneto, integrato da altre unità dei Signorotti di Este, Ferrara, Pesaro e Forlì, marcia su Firenze; che nel frattempo ha fatto lega con Ferdinando Re di Napoli e Galeazzo Sforza di Milano ed ha affidato il comando delle soldatesche a Federigo, Conte di Urbino. L’esito della battaglia è incerto e il 15 Aprile di quell‘anno, con la mediazione di Paolo II, viene conclusa la pace. La Madonna dell’Impruneta viene portata quindi a Firenze per ringraziamento e l’evento è caratterizzato da feste grandiose, giostre e tornei tra i quali resta celebre quello svoltosi in Piazza Santa Croce, dove I’onore del trionfo arride ai fratelli Lorenzo (detto "Il Magnifico") e Giuliano de' Medici.
1470 - La notizia è di Francesco Rondinelli: "Questa processione si fece per conto della Lega che si era conclusa di nuovo fra il Papa, il Re di Napoli, i Veneziani, i Fiorentini e Milano, essendo tutti impauriti mediante i progressi del Turco il quale aveva preso l'Isola di Negroponte". Anche in questa occasione furono offerti alla Madonna numerosi, preziosi doni.
1471 - Stavolta è Lorenzo di Giovanni Ruspoli a ricordarla con queste parole: "A dì 6 Gennaio tornò a Firenze la Tavola di Nostra Donna S. Maria Impruneta e quivi si fece una bella processione e bandissi la pace in quel dì per la Lega, e poi si bandì una bella giostra per il 17 Febbraio".
1473 - La Madonna dell‘Impruneta era stata chiamata a Firenze per far "rassettare il tempo" o per vincere la siccità, ma mai perché I’aria "rimanesse salutifera". Il 18 Maggio di quell’anno il problema, appunto, fu di natura ecologica. Non certo per il gas emanato dalle auto, bensì - ci dice lo stesso Giovanni Ruspoli nel suo Priorista - per "racconciarsi il tempo, che pioveva troppo essendo Confaloniere Chirico Pepi". Valli a capire questi Confalonieri!
1474/1477 - Tre volte in due anni la Tavola torna a Firenze: per cause simili alle precedenti, e quindi non di trascendentale interesse, le prime due; per un senso spiccato di lealtà dei fiorentini verso i propri alleati, la terza. La data: 25 Aprile. II motivo storico: la riconquista della città di Genova da parte del Duca di Milano, alleato appunto dei fiorentini.
1480 - La processione della Madonna di Impruneta, svoltasi il 25 Marzo per ringraziamento alla pace fatta con Ferrante Re di Napoli, si concluse con una amnistia che comportò la libertà - si legge - "sino in 10 prigioni, o carcerati delle Stinche, purché non siano rei d'omicidio o di ribellione, o di causa di Stato".
1483/1487/1494 - Tre occasioni di scarsa rilevanza: piogge, piccole guerre regionali. Relatori il Ruspoli e il Landucci. Le rispettive date: 30 Maggio, 14 Maggio e 19 Maggio.
1496 - La situazione continuava a restare drammatica per i fiorentini. La fame mieteva vittime, i morti si addensavano per le vie e le piazze della città. La Repubblica ricorse pertanto alla propria Benefattrice; e non appena questa entrò in Firenze accolta da cantici di mesta preghiera - ci narra Luca Landucci - "... giungeva notizia da Livorno che era giunto 12 navi di grano, che era l'armata del Re di Francia, e quelli di Livorno uscirono fuori e ruppono il campo dell'Imperatore e de' Pisani e fu tenuto che veramente La Vergine volesse aiutar Firenze e che quello fussi un saggio e viddesi chiaramente il Miracolo espresso".
1498 - Dopo la "sberla" di Livorno, l'Imperatore decise di cambiar rotta e di tornarsene d’onde era venuto. Il 17 Febbraio 1498, si fece così venire in Firenze - scrive il Rondinelli - "la nostra Donna di S. Maria Impruneta per pigliare buon partito di Lega e lasciare il Re di Francia."
1495 - Dopo un periodo di circa quaranta anni trascorsi felicemente, nel corso dei quali, oltre alla assenza di peste, la guerra non toccò il territorio della Repubblica fiorentina e la carestia non infierì sulla città, permettendo a questa di conoscere lo splendore degli umanisti e di rivelarsi nelle sue espressioni artistiche più esaltanti, tanto da essere definita L‘Atene d’Italia, gli eventi precipitarono di nuovo dopo la morte di Lorenzo Il Magnifico avvenuta nel 1492. Turbato l’equilibrio della pace di Lodi, la guerra divampò ancora in Italia, come ci dice il Guicciardini: "Era entrata in Italia una fiamma e una peste ... si roppe e si squarcio la unione di ltalia ... nacquero le guerre subite e violentissime". Firenze ne fu coinvolta. Lodovico Sforza, detto "II Moro", ambiva succedere a Lorenzo il Magnifico nel Governo di Toscana, e pur di raggiungere il suo scopo brigò con Carlo VIII, Re di Francia, incitandolo a proiettare le sue ambizioni sull’Italia. Fu come invitare la lepre a correre. Grazie alla tiepidezza di Piero de' Medici, fece proprie e senza contrasti Sarzana, Motrone, Pietramala, Pisa e Livorno, aprendosi la strada per Firenze dove entrò da trionfatore "per la porta di S. Frediano". Era il 17 Novembre 1494. Duro nei patti, nonostante le suppliche del Savonarola, si converti a più miti consigli nella famosa riunione del 26 Novembre, nella quale Pier Capponi, alla sfida spavalda del francese "noi daremo fiato alle nostre trombe", rispose fieramente: "e noi suoneremo le nostre campane". Con i resti della carta contenente i patti ancora sul muso, il Re di Francia si rese conto che i fiorentini non andavano tanto per il sottile e, a suo modo, cominciò ad amarli. Questi tuttavia restavano a guadare in brutte acque: impegnati contro i Pisani e i Perugini ei Senesi, non trovarono altra via che ricorrere nuovamente alla loro Protettrice e - ci dice Luca Landucci - "a’ 5 Giugno 1495 feciono venire la Tavola di nostra Donna S. Maria Impruneta et fecessegli un grande honore". L'avvenimento ebbe un "Organizzatore" d’eccezione: il Savonarola; il quale riuscì a raccogliere offerte da tutto il popolo rivelatesi, alla fine, assai cospicue. Iacopo Nardi scrive che: "una parte fu assegnata al sussidio delli molti poveri della Città, l’altra ai bisognosi del Piviere della detta S. Maria lmpruneta".
1499 - Di particolare interesse è questa processione, non tanto perché avvenuta nel contesto della guerra contro Pisa, quanto perché legata ad un episodio che ci narra Piero di Marco Parenti: "per la strada passando sotto certi ulivi una ciocca gliene si appiccò addosso et con essa venne in Città; et il popolo lo riprese in segno di buon augurio et tutta la moltitudine ne fece festa, talché la Signoria spaccio un Cavallaro a’ Commissari atteso che la N. Donna faceva dimostrazione di pace". La ciocca di olivo che era rimasta attaccata alla Sacra Immagine, all’uscire dalla città per far ritorno a Impruneta, cadde appunto e restò dentro le mura. L’olivo nel quale rimase impigliato il Velo della Vergine, ha resistito ad ogni avversa stagione, compreso le terribili gelate del gennaio 1985, ed è motivo di sosta e preghiera da parte di fedeli e pellegrini. Sotto di esso, situato in adiacenza alla via Imprunetana per Pozzolatico, subito dopo il Desco, è stato costruito un Tabernacolo e posto una lapide che ricorda I’avvenimento.
1500/1501/1502 - Il culto della Madonna d’Impruneta era talmente inserito nella vita del popolo fiorentino, che anche una ciocca di olivo restata fra le mura della città significava praticamente auspicio di vittoria in guerre, assedi e battaglie. Quasi a voler confondere il sacro col profano. Nel contesto culturale dell’epoca, quando fare la guerra voleva dire sottoporsi al giudizio di Dio, questo aspetto, in realtà, non stupisce più. E quasi sembra normale che alla Madonna, come alle dame dei tornei cavallereschi, si offrissero le bandiere dei vinti. Il Casotti afferma che di queste bandiere ce n’erano quattro, "... sospese sopra la porta della chie sa, ma così lacere, che non è stato possibile riconoscerne se non una, che era certamente di legno turchesco". Nel clima di quel periodo storico, la Tavola miracolosa torna quindi a Firenze, esattamente il 22 Aprile del 1500 e il 22 Dicembre dell’anno successivo; la prima volta per bisogni marginali e la seconda "per mettere a posto" Luigi XII, Re di Francia, che finisce col tirare le orecchie al Duca Valentino e riconsegna alla Repubblica tutte le terre toscane conquistate. La terza infine, per illuminare i fiorentini sulla scelta dell’uomo da sostituire a Piero de' Medici. La data: 21 Settembre 1502. L’eletto: Pier Soderini; che era uomo mite e troppo premuroso del pubblico bene, tanto che per questo fu alla fine vituperato, percosso, quasi ammazzato e cacciato in esilio.
1505/1509 - Pisa non molla e la Madonna di Impruneta viene richiamata a Firenze l’8 Settembre 1505 per aiutare i fiorentini nell’impresa; quindi vi ritorna quattro anni dopo, il 5 Maggio 1509, quando ormai la vittoria è certa. Ma la seconda circostanza è legata ad un episodio, che fu definito miracoloso, relativo all‘offerta alla Madonna di un manto ricchissimo da parte delle Monache delle Murate. Scrive il Rondinelli: "È giunta l’Immagine in Firenze e posata sulla piazza de i Signori, presente grande moltitudine di popolo, comparvero due bellissimi Giovani, i quali in nome del Monastero e Monache delle Murate, presentarono alla Beatissima Vergine un manto di broccato, bello al possibile, il che dette non piccolo stupore alla Città, sapendosi la povertà di quel luogo" e di quelle Suore. Le quali, interpellate in modo particolare da Domenico Alamanni, risposero "aver solo per obbedienza tessuto d‘Orazioni un Manto e consegnato agli Angioli perché lo offrissero alla Madonna..."
1511 - La circostanza è marginale ma significativa. A seguito di quella processione, avvenuta il 22 Maggio, le elemosine e i doni raccolti furono cosi copiosi che il Senato trasformò I’antica Opera della Chiesa in Corpo d’Opera separato, diretto per molto tempo (non sappiamo se ancora) dall'Ospedale degli Innocenti di Firenze "affinché le oblazioni dei fedeli fussero fedelmente custodite et amministrate".
1512/1513 - Dopo la sanguinosa battaglia di Ravenna, avvenuta nel giorno di Pasqua, il 30 di Agosto di quell’anno Raimondo di Cardona, Viceré di Napoli, cala in Toscana alla testa dei suoi terribili spagnuoli e prende d’assalto la città di Prato. Vengono uccisi migliaia di inermi cittadini e la città è praticamente rasa al suolo. Non sono risparmiati neanche Chiese e Conventi. Firenze ovviamente trema, e chiama nuovamente la Madonna di Impruneta, che vi giunge il 26 di Settembre, presente il Cardinale Giovanni de’ Medici, legato di Bologna. I fiorentini vengono risparmiati dagli orrori del sacco di Prato, ma debbono sborsare agli invasori qualcosa come centocinquantamila Fiorini. Trascorsi pochi mesi, il Cardinale Giovanni de' Medici fu assunto al Pontificato col nome di Leone X, per cui il 18 marzo deII’anno successivo Ia Tavola dell’Impruneta viene trasportata ancora a Firenze perché il neo papa - scrive il Rondinelli - "haveva portata tanta reverenza a quella Santa Signora".
1519/1522 - Tempi di piogge e di congiure per Firenze. Il Cardinale Giulio de' Medici, futuro Papa Clemente VII, è alla guida del Governo fiorentino e deve guardarsi dalla congiura ordita dal Card. Francesco Soderini, da Jacopo da Diacceto, Zanobi Buondelmonti, Luigi Alamanni ed altri fra i quali, forse, anche Niccolò Macchiavelli. La Madonna di Impruneta è cosi richiamata a Firenze il 10 Giugno 1522, tre giorni dopo che nel cortile del Bargello era stata mozzata la testa a Lodovico Alamanni, fratello del poeta Luigi, e a Jacopo da Diacceto.
1526/1528 - Diario di un Calabrese dalla Libreria Strozziana: "agIi 8 di Dicembre fu fatta ricondurre in Città la Madonna di lmpruneta e fervorosamente pregata". Motivo? Lo scampate pericolo dai "feroci spagnuoli", che risparmiarono Firenze per sbizzarrirsi pochi mesi dopo nell’orribile sacco di Roma. Il 18 Agosto 1928 invece la Tavola è chiamata per salvare la città dal flagello della peste, tanto violenta che - scrive Bernardo Segni - "morivano nella città, ogni giorno 300 e 400 persone et si fecie conto che perissero tra Firenze e Dominio, intorno a 150 mila". La peste decrebbe ma restavano carestia e fame, ciò anche per colpa di Andrea Doria che, fermo intorno a Livorno, non permetteva alcun approvvigionamento. Dice ancora l’anonimo Calabrese: "... venutaci la Tavola si mando a dirgli che fussi contento di lasciarci entrare qualche cosa da mangiare e da bere, e si ottenne..."
1529 - Scacciati i Medici nel 1527, Firenze tornò ad essere repubblicana; una Repubblica dalla vita breve, tuttavia, dai momento che nel 1529 le truppe di Carlo V avevano già invaso tutto il territorio fiorentino ed assediato la città. Alla guida dell’esercito repubblicano era Francesco Ferrucci, mentre Michelangiolo aveva progettato le fortificazioni. Il ricorso all’aiuto divino era pertanto scontato e il 10 Maggio "gli eccelsi Signori Priori e Gonfalonieri di Giustizia adunati co' loro venerandi Collegi, ... per incitare ed infervorare vie più il popolo e porgere suppliche a Dio: di qui è che osservate le cose da osservare e vinto il partito per 32 fave nere secondo gli ordini; deliberarono, che la devotissima tavola dell’Immagine di Maria Vergine dell'Impruneta si esponga e divotamente si porti a processione su per i monti circonvicini secondo il solito, il giorno di Pasqua dello Spirito Santo prossimo avvenire che sarà il di 16, del presente mese". Analoga delibera del 15 Agosto 1529 non ebbe effetto per il precipitare di eventi storici legati all’avanzata su Firenze dell’esercito imperiale guidato da Filiberto d’Orange, il cui epilogo fu la fuga degli stessi abitanti di Impruneta e il conseguente abbandono della Pieve e della Madonna da parte di essi. Scrive il Varchi: "Era fama, nel volgo fiorentino, che la Tavola della Madonna dell’Impruneta non volesse albergare dentro le mura di Firenze, donde una volta se n'era invisibilmente di notte tempo fuggita ... Ma perché ella alle mani di soldati e di gente luterana non capitasse, fece per partito che ella a Firenze nella Chiesa cattedrale condurre si dovesse". Ci pensò ser Lorenzo Vivoli, che nascose la Tavola dentro un forziere "e la condusse segretamente nel Monastero di S. Giorgio (altri dicono S. Gaggio) e con tutti i magistrati, eccettuata la Signoria, fu condotta in S. Maria del Fiore nella Cappella di S. Zanobi". La Tavola della Madonna di Impruneta rimase in Cattedrale per tutto il tempo dell’assedio di Firenze e fu oggetto di continue processioni e pellegrinaggi da parte degli assediati. Dinanzi a lei, in piazza Duomo, il dì 24 Ottobre sfilarono le milizie fiorentine, capitanate da Francesco Ferrucci e accompagnate da Michelangiolo Buonarroti.
1530 - Si ha notizia, in rapporto all'episodio storico più sopra ricordato, di una solenne processione tenuta il 6 Marzo del 1530 e di altre svoltesi nel mese di Aprile, ma in questo caso non si può parlare di traslazioni in quanto avvenute nel periodo che la Tavola stava in Firenze: "Vi andava sempre il Crocifisso da San Piero del Murrone e l’aItre reliquie della Città, e quando v‘andò la Signoria, v'andò a processione la Tavola dell‘Impruneta". Viene ricondotta a Impruneta il 18 Ottobre del 1530, pochi mesi dopo la firma dell'accordo che segnala fine dell’assedio.
1531/1538/1547 - Disagi, piogge, alluvioni. La Madonna dell’Impruneta è ancora chiamata in aiuto dai fiorentini. Quindi un lungo periodo di devozione inversa, cioè con quest‘ultimi che salgono a Impruneta per rendere omaggio alla loro Benefattrice, si fanno in quel periodo grandi processioni intorno al paese, le più significative delle quali sono quelle del 1556 e 1581, quando la Madonna fu condotta sul Monte delle SS. Marie seguita da "oltre 50.000 persone e 300 fratelli con torce ed oltre 40 Compagnie ..." Si ha notizia di altre processioni della Tavola miracolosa sul Monte delle SS. Marie; la più importante fu quella del 1713, voluta dal Granduca Cosimo III, alla quale concorsero "centomila persone". La benedizione fu data da Mons. Della Gherardesca, Arcivescovo di Firenze, "e S. Leonardo fece dal Monte un breve discorso, che fu miracolosamente udito dalla Gran Piazza del Paese". Seguirono per qualche altro anno processioni ricorrenti, ma dopo il 1740 la Madonna torna sul Monte delle Sante Marie soltanto il 14 Giugno 1970, ovvero quasi due secoli e mezzo dopo, in occasione delle cerimonie relative alla avvenuta ricostruzione delle Cappelline del Rosario che dalla Via Veneto s'inerpicano fin sulla cima del monte, costruite appunto agli inizi del 1700. Anche in quella occasione, decine di migliaia di fedeli seguirono la Tavola ed assistettero alla benedizione impartita dal Cardinale Ermenegildo Florit, Arcivescovo di Firenze.
1633 - Dal 1548 al 1633 La Tavola dell’Impruneta cessa i suoi "viaggi’” a Firenze. Se fino al 1547 essa fu portata in città in media ogni due anni e mezzo circa, "da quella data in poi venne a Firenze in media una volta per secolo". Ciò appare veramente strano poiché "uno degli aspetti più tipici della religiosità popolare del Cinquecento fu la crescita e lo sviluppo della devozione Mariana". Qualcuno azzarda in proposito un’ipotesi un tantino ardita ma non impossibile. Come fa Franco del Grosso: "può nascere anche il dubbio, almeno sotto Cosimo I, che questa Immagine così venerata e con un forte carattere repubblicano, fosse, tutto sommato prudente tenerla da parte, un po' in esilio, come in esilio era dal 1548 l‘arcivescovo di Firenze Monsignor Altoviti, per i suoi dichiarati sentimenti repubblicani". È nel 1633, quindi, che il culto di questa Madonna riprende vigore. Da tre anni L'Italia è sotto il flagello di quella terribile pestilenza della quale parla il Manzoni nei suoi "Promessi sposi". Anche il Granducato di Toscana ne è coinvolto, e il Granduca Ferdinando II decide di ricorrere "a quella Madonna di Impruneta, che faceva tutto quello di cui i fiorentini la supplicavano". Il bando porta la data del 18 Maggio e la Tavola giunse a Firenze il 20, restandovi per tre giorni. Narra Giuliano Cecini: "nei 10 giorni seguenti alla visita, la peste continuo a decrescere perché ne andavano al Lazzaretto solo 5 o 6 al giorno ed il di 11 cominciarono a tornare in città gli appestati guariti, mentre prima non ne tornava alcuno ... l’8 e il 9 Luglio, non essendovi nella città né malati, né morti di contagio, suonarono a festa tutte le campane di Firenze, le Fortezze fecero gazzarra di cannoni e di mortaretti e la sera si fecero fuochi". Moltissimi i doni offerti in quella occasione, tra i quali "Un voto ed una donazione" per parte del popolo e del Granducato: "digiunare in perpetuo il 7 Dicembre di ogni anno", e far dono di 10.000 scudi "da depositarsi sul Monte della Pietà" assegnando gli utili (500 scudi) "a venticinque fanciulle dell’Impruneta, la mattina del 21 marzo, a perpetua ricordanza...". II Voto è stato rispettato dai fiorentini fin quasi ai nostri tempi, ma la donazione fu per decreto Luogotenenziale incamerata all’inizio della prima guerra mondiale.
1711 - La traslazione della Tavola venne ordinata dal Granduca Cosimo III: "per le ostinate, sanguinose guerre che disertavano le Provincie, la peste che scorreva senza freno, quasi fin sulle porte d‘Italia; le continue inondazioni che allagavano le campagne; lo sconvolgimento delle stagioni..." In realtà, però, il Granduca era preoccupato "per la successione della serenissima casa", negata dalla sterilità delle proprie nuore, Annamaria di Sassonia e Violante Beatrice di Baviera, e perla malattia del proprio figlio Ferdinando; che morì peraltro nel 1713 senza lasciare eredi, mentre l’altro figlio Giangastone ebbe un matrimonio infelice e con lui si estinse la famiglia de’ Medici. Giovanni Battista Casotti nelle sue voluminose "Memorie lstoriche della Miracolosa Madonna di Impruneta", impiega per descrivere questa processione ben 7O pagine. Ciò dimostra la solennità cui fu pervasa, il grande concorso di popolo e di Magnati, la preziosità dei doni raccolti. In quella occasione, la Madonna dell’Impruneta fu pubblicamente dichiarata "Liberatrice della Toscana e Compatrona della Città e della Arcidiocesi" (in uno quindi, con la Santissima Annunziata). Quasi tutti gli storici assicurano che questa fu l’ultima processione a Firenze della Tavola Miracolosa. Ma non è così. Anche durante la reggenza lorenese la Madonna di Impruneta fu portata a Firenze. Ecco come e perché.
1740 - Si legge: "e il dì 4 Dicembre il fiume cominciò a dar fuori dalle sponde in lungarno, presso la casa Corsini e a correr l’acqua per Borgognissanti ... anche in quasi tutte le vie per l‘ingorgo delle fogne che straripavano, si ebbe una completa inondazione ... L‘Arno diede fuori spaventosamente nel Pian di Ripoli e da per tutto fuori porta alla Croce, in forma tale, che dalla stessa porta e da quella di S. Niccolò, rimettevano acqua in Firenze, come due fiumi, unendosi a quello che traboccava dalla corte e terreni delle case nuove del Corso de' Tintori ... Ma intanto continuava a piovere malidettamente, peggiorando cosi la situazione della disgraziata città. Si pensò allora di ricorrere alla Madonna dell’Impruneta ed il dì 24, vigilia di Natale, si bandì a suon di trombe, la venuta di quella Sacra immagine ... lIl giorno di Natale si fece la solennissima traslazione del Tabernacolo, che a tappe, posando prima a S. Gaggio, poi alla Chiesa dello Spirito Santo sulla Costa e quindi alle 5 del mattino del 26, a quella di S. Felìcita, fu tratto con processione straordinarissima fino al Duomo". Dalla Chiesa di S. Felìcita, I’enorme processione impiego più di tre ore per percorrere il tragitto da Via Maggio a Via Cerretani e quindi alla Cattedrale. Si legge ancora: "Tuonarono le artiglierie dalle Fortezze di Belvedere e da quella da Basso, si spararono ripetute Salve di mortaretti, suonarono le campane di tutte le Chiese e di Tutti i Campanili...".
Questo concetto si ritrova peraltro nei “Capitoli della Compagnia” della Madonna di Impruneta, “la quale fu creata per la detta chiesa reparare et conservare et onorare e molte santuarie osservanzie di Dio e della sua beata Madre”. Nel prologo e nel seguito di detti capitoli, scritti nel XIV secolo, è evidente il rapporto fra Maria e suo figlio, espresso peraltro nelle semplici forme del Vangelo (Egli “stava sottomesso” a Lei “a la petizione di Lei, umile e sempre reverente, fece dell’acqua perfetto e abbondavole vino” ...). E fra le tante cronache del Casotti: “e per placare l’ira di Dio s’ebbe ricorso all’intercessione della Vergine con far venire alla città la Tavola dell’Impruneta”. Il discorso, di per sé interessante, ci porterebbe lontani e fuori strada dal momento che quanto sinora detto è sufficiente a focalizzare un periodo storico nel cui contesto si sviluppò il culto mariano dei fiorentini, rivolto in maniera che spesso trascendeva le regole ma non il senso devozionale, alla Madonna dell’Impruneta. Che per molti secoli innanzi era vissuta all'ombra della Pieve che la custodiva, venerata dalla gente del posto e da quanti percorrevano il tracciato stradale di quella che fu la Via Cassia imperiale, costruita come variante della vecchia via consolare al tempo dell’Imperatore Adriano. In pratica, una scorciatoia dell’antica Cassia che penetrava nel territorio fiorentino attraverso il Passo di Cintoia (monti del Chianti), giungeva a Impruneta e quindi, toccando Giogoli si innestava sulla via Volterrana pervenendo a Firenze.
La situazione si capovolge e mette in crisi tutto il territorio del piviere verso la fine del XIII secolo, quando a seguito della bonifica del fondo valle dell’Ema, la via Cassia imperiale subisce una deviazione subito dopo il Passo di Cintoia e, fatta incanalare nella zona bonificata, punta dritta su Firenze “per la Porta a S. Niccolò”. Il tracciato Impruneta-Giogoli, quindi, diventa un ramo secco e viene comunque abbandonato dalle correnti di mercanti e viandanti da e per Roma. La Pieve rischia cosi di restare isolata da tutto il territorio fiorentino.
Ma se fino ad allora si ha solo notizia che la Pieve era dedicata a Santa Maria e che in quella chiesa si conservava un’antica Immagine della Madonna, dipinta su tavola, è proprio agli inizi del XIV secolo che si sviluppa il culto particolare per “quella” Madonna e si delineano, per la Pieve di Impruneta, le caratteristiche proprie di un Santuario mariano.
Ed è verso la metà dello stesso secolo che Firenze ricorre sempre di più alle “intercessioni della Vergine” perché “Dio plachi” i flagelli che la colpiscono, tanto da far dire che “i fiorentini hanno all'Impruneta una Madonna che fa a modo loro”, e che i pellegrinaggi al Santuario si fanno sempre più numerosi. In maniera tale da imporre il rinnovamento edilizio della Chiesa, avvenuto mediante la demolizione della Pieve romanica consacrata il 3 Gennaio 1060 dal Cardinale Umberto di Silva Candida, e la costruzione di un edificio più vasto, in grado cioè di accogliere un sempre maggior numero di pellegrini.
La nuova chiesa si presenta quindi spaziosa, a una sola navata, con grandi e bellissime capriate. La nuova realtà religiosa consente peraltro alla pieve imprunetina di superare la crisi di isolamento e di decadenza, caratteristica comune a tante pievi del XIV secolo, rivelando nel contempo la sua originalità di Santuario retto dal Clero secolare anziché da monaci o religiosi.
In questo contesto inizia la storia delle traslazioni della Madonna dell’Impruneta a Firenze, sempre legate ai periodi più salienti e burrascosi della vita di quella città. Documentazioni autentiche ci indicano la continuità di queste processioni nel lungo periodo che va dal 1348 al 1740, senza voler far riferimento alla tragica traslazione avvenuta a causa del bombardamento della Chiesa del 1944, ovvero per tutto il periodo della Repubblica e del Principato della Repubblica e del Principato mediceo. A distanza di cosi tanti secoli, una “rilettura” di quei “fatti”, “eventi storici” ed episodi calamitosi, ci sembra quanto mai utile, con la semplice, intima gioia che fa ricco il nostro cuore di fronte alla Sua Immagine divina e mediatrice del rapporto personale di ognuno con Dio.
Con questo spirito offriamo al lettore il seguito nel nostro lavoro.
1348 - Ne riferisce lo storico Matteo Villani nel IV libro delle sue croniche, scrivendo della terribile pestilenza durante la quale morirono, secondo Giovanni Boccaccio ("in città e dominio") oltre centomila persone, mentre le enormi piogge avevano causato il crollo di tutti i ponti dell‘Arno e l'allagamento delle pianure circostanti. Se il riferimento storico, tramandatoci da Raffaello Bianchini nel suo libro "Impruneta paese e Santuario" è esatto, si tratta anche del primo miracolo operato dalla Madonna di Impruneta in Firenze. In pochi giorni, infatti, la pestilenza scomparve e cessarono le piogge devastatrici.
1354 - Alla peste aveva fatto seguito una crescente carestia destinata ad acuirsi sensibilmente per una ostinata siccità, dietro la quale non si nascondeva poi più tanto, peri fiorentini, lo spettro della fame. Da qui il ricorso a continue processioni ed a riti religiosi di varia natura fino a quando, visto il persistere della pericolosa situazione, "i cittadini con grande divozione e speranza (dice ancora Matteo Villani) ricorsero all'aiuto di nostra Donna dipinta nella tavola di Santa Maria in Pineta, e a dì 9 di Maggio 1354, fatto apparecchiamento per lo comune di molti doppieri andarono incontro alla detta tavola infino fuori della Porta di S. Piero Gattolino... Avvenne, che in quella giornata confinovando la processione il cielo empié di nuvoli, e il secondo dì sostenne il nuvolato, che per molte volte prima s'era continavo per la calura consumato, il terzo cominciarono a stillare minuto e poco, e il quarto a piovere abbondantemente...". Esisteva del resto per queste occasioni un rituale ben preciso. Quando pioveva si portava I’Immagine sul Monte delle Sante Marie, quando persisteva la siccità su quello di Sant’Antonio, i due monti dirimpettai di Impruneta, e quando la situazione appariva compromessa si portava la Madonna a Firenze accogliendola con tutte le reliquie dei Santi patroni, ivi compresi il braccio di S. Filippo e la testa di San Zanobi.
1383 - È ancora la peste che miete vittime a Firenze, come già era avvenuto 35 anni prima. Secondo quanto narra Scipione Ammirato, il nuovo flagello fece 400 vittime in un sol giorno. La Venerata Immagine venne quindi ricondotta in città ed è stavolta Ser Nando da Montecatini, noto diarista deII’epoca, che scrive: "le fervide preci furono ascoltate e la moria cessa".
1384 - Le cause di guerra non erano estranee al desiderio dei fiorentini di ottenere la protezione della Madonna, tanto che ben 14 volte l’Immagine fu portata a Firenze per questo motivo. L’occasione di quest'anno è legata alle gesta del Duca d’Angiò e di Carlo Durazzo che dopo aver mietuto terrore in quel di Arezzo, minacciavano di compiere ulteriori crudeltà in Firenze. La traslazione avvenne I’11 Giugno per ottenere "pace, unita e buono istato".
1389 - Le ambizioni di Gian Galeazzo Visconti, rivolte al trono d’Italia, rappresentano un pericolo per Firenze e la Toscana destinata, nei suoi propositi, a far la fine della Lombardia. Ma stavolta i fiorentini ottengono il miracolo mediante processioni al Santuario di Impruneta, e la Tavola fu portata a Firenze solo per ringraziamento, quando cioè Gian Galeazzo, sceso a più miti consigli, ebbe firmato il trattato di pace a Genova, in seguito al quale fu poi costruita in Firenze una Lega difensiva fra Papa Bonifacio IX, Firenze, Pisa, Bologna, gli Estensi, i Gonzaga, i Carraresi ed i Manfredi allo scopo di opporsi allo strapotere dei Visconti.
1392/1396/1400 - Mentre per quanto concerne il 1392 e il 1396 le notizie pervenuteci si fermano a Scipione Ammirato "il giovane", non essendovi alcun riscontro da parte dei cronisti dell’epoca, ben documentata e invece la Processione del 1400, svoltasi nel desolante clima di lutto per la peste scoppiata in Europa e importata anche in italia e quindi in Toscana dalle orde fanatiche dei Penitenti bianchi! Era primavera e con I’arrivo del caldo la situazione si faceva drammatica, per cui, scrive ancora Scipione Ammirato, "... per placare I‘ira di Dio s’ebbe ricorso alla intercessione della Vergine col far venire alla città la Tavola dell'Impruneta ... la peste subito decrebbe ed a poco a poco cessò".
1406 - Firenze entra nel gioco dei grandi cambiamenti politici che caratterizzarono il periodo che va dalla seconda metà del XIV secolo alla prima meta del XVI, determinati spesso da guerre logoranti. Fra queste va ascritta quella del 1406 relativa alla conquista di Pisa, sbocco naturale di Firenze sul mare. Cosi descrive l’episodio Luca dalla Scarperia, Monaco di VaIIombrosa: "... come i fiorentini seppeno la novella dell'avuta Pisa feciono grande festa e solenne prociscione per tutta la terra ringraziando Iddio ... poi fecion fare Ii priori che tra di sé facesse festa per tutta la città e che tutto il popolo vi partecipasse ... venne alla detta prociscione la Tavola di Sancta Maria Impruneta e tutte le reliquie sancte della città vi furono..." Sembra che in quella particolare circostanza predicasse il Beato Giovanni Dominici, fondatore di S. Domenico a Fiesole.
1408/1410/1414/1417 - Delle prime tre traslazioni si ha notizia soltanto nel "Diario di Fatti della città di Firenze" scritto da Bartolommeo di Michele Vinattiere. Le date indicate sono rispettivamente il 2 Aprile 1408, il primo Gennaio 1410 e il 7 Agosto 1414. I motivi: la pace con Ladislao, Re di Napoli, e violenti movimenti tellurici "... fra i quali ne venne il dì 7 tra Nona e’I Vespro due sì grandi che tutto il popolo di Firenze impaurì il detto dì e caddono in Firenze più di 200 cammini o tutti o parte e alcuno muro e tetti per modo che feciono assai danno". La quarta, invece, rivela l'abuso che si fa della Madonna dell’Impruneta anche per piccoli avvenimenti, come la caduta abbondante di piogge o semplicemente il timore di nuovi casi cli peste. Come in quest’ultima occasione, datata 19 Giugno 1417. Tanto che il 17 Febbraio 1435, dopo altre 14 processioni della Madonna a Firenze, il Gonfaloniere di Giustizia Cosimo de' Medici, decretò: "che non fosse più lecito al Magistrato ed agli altri Collegi ed Uffici di deliberare che si facesse venire la Tavola dell’Impruneta a Firenze, senza che prima ne fosse vinto il partito, fra tutti, con almeno 32 voti favorevoli".
1438 - La Madonna del'Impruneta, quindi, entrava nelle regole della democrazia dei numeri. È probabile che le "correnti" partitiche siano sorte proprio in quel periodo. Il che dimostra che anch’esse hanno una lunga tradizione. Scherzi a parte, la restrizione medicea non piacque né punto né poco, tanto che i Partiti furono democraticamente vinti e il 22 Febbraio del 1438, domenica, la Tavola fu condotta nuovamente a Firenze perché "facesse rassettare il tempo". Si ha notizia anche di una successiva traslazione dedicata alla vittoria nella battaglia di S. Romano, passata alla storia dell‘arte per i dipinti di Paolo Uccello.
1440 - Battaglia di Anghiari: "L'anno 1440, la terza domenica di Luglio si portò la Tavola per ringraziare Iddio della vittoria ottenuta da noi il 29 di Giugno presso Anghiari contro Niccolò Piccino, Capitano di Filippo Maria Visconti, Duca di Milano ... La zuffa - continua il diarista - durò dalle 19 fino alle 23 ore, si presero circa 300 cavalli e 1.500 prigionieri di taglie, e 22 capi di squadra di 26 che erano".
1441/1442/1444 - La venerata Immagine viene portata a Firenze per motivi diversi: la prima volta per ringraziamento della pace conclusa in Cremona con il Visconti tramite Francesco Sforza, la seconda per impetrare la pace ancora in pericolo per l’Italia sempre a causa del focoso Duca di Milano e l’altra, conseguenziale, per ringraziamento dello scampato pericolo di nuove guerre.
1446/1447 - La prima traslazione e dovuta ancora una volta a fenomeni atmosferici, la seconda invece assume un carattere di vera festa, essendo stata dedicata alle vicende di Papa Niccolò V "... del quale si racconta per cosa molto singolare, essere stato fatto in uno stesso anno, Vescovo di Bologna, Cardinale e Pontefice...". Il cumulo delle cariche, evidentemente, non e una invenzione moderna.
1450/1451 - Dal 1451 inizia una politica di pace, i cui segni si erano già avvertiti peraltro con I’avvento di Cosimo il Vecchio e della Casa medicea, grazie alla quale prevalgono criteri di alleanza che coinvolgono tutta l‘Italia e i suoi principali Stati. Si tratta finalmente di una pace vera, che dura circa quarant’anni. Ma Firenze è troppo legata alla Tavola della Madonna di Impruneta per privarsi della Sua presenza, guerra o non guerra. È non è una Madonna "a mo' dei fiorentini"? Cosicché il 25 di Novembre del 1450 la Repubblica fiorentina chiama ancora a sé la Venerata Immagine per far cessare la pioggia devastatrice che durava da oltre un mese, e il 17 di Novembre dell’anno successivo per "cagione della lega conchiusa a dì 4 detto mese dai fiorentini fra Cosimo dei Medici, i Genovesi e il Duca di Milano contro Alfonso Re di Napoli e i Veneziani".
1452/1454 - Altri due avvenimenti legati alla "ragione della lega". Il 16 Aprile 1452 per la conclusione di quella destinata alla difesa degli Stati, protagonisti Carlo VII, Re di Francia, il Duca di Milano e la Repubblica di Firenze; il 24 Aprile ed il 7 Settembre 1454 per quella conclusa fra lo stesso Duca di Milano e i Veneziani da una parte e il primo e la Comunità di Firenze, dall’altra.
1455 - Torna in città la Tavola il 9 Febbraio, quale ringraziamento alla Vergine perle cessate ostilità tra Renato d’Angiò Re di Napoli e il Re Alfonso d'Aragona, mediata a quanto pare dal Cardinale Fermo, legato del Papa e dagli Ambasciatori di Venezia, Milano e Firenze.
1466 - Di questa processione della Madonna di Impruneta a Firenze non se ne conoscono i motivi, ma ce ne parla Francesco Rondinelli, bibliotecario di casa medicea, indicando la data del 15 Marzo e sottolineando che vi parteciparono, fra gli altri, "circa 1400 coppie di battuti di più Compagnie, e 500 coppie di Frati di varie Regole, senza i Preti e i Canonici e fu donato alla Vergine un bel velo, quattro mantelline di seta e molta cera".
1468 - Si tratta dì un riferimento storico importante, contraddistinto dalla rabbiosa rivolta contro i Medici da parte degli esuli fiorentini, decisi a brigare con la Repubblica di Venezia contro la propria città pur di soddisfare la loro sete dì vendetta. È così che, al comando di BartoIommeo Colleoni, l'esercito veneto, integrato da altre unità dei Signorotti di Este, Ferrara, Pesaro e Forlì, marcia su Firenze; che nel frattempo ha fatto lega con Ferdinando Re di Napoli e Galeazzo Sforza di Milano ed ha affidato il comando delle soldatesche a Federigo, Conte di Urbino. L’esito della battaglia è incerto e il 15 Aprile di quell‘anno, con la mediazione di Paolo II, viene conclusa la pace. La Madonna dell’Impruneta viene portata quindi a Firenze per ringraziamento e l’evento è caratterizzato da feste grandiose, giostre e tornei tra i quali resta celebre quello svoltosi in Piazza Santa Croce, dove I’onore del trionfo arride ai fratelli Lorenzo (detto "Il Magnifico") e Giuliano de' Medici.
1470 - La notizia è di Francesco Rondinelli: "Questa processione si fece per conto della Lega che si era conclusa di nuovo fra il Papa, il Re di Napoli, i Veneziani, i Fiorentini e Milano, essendo tutti impauriti mediante i progressi del Turco il quale aveva preso l'Isola di Negroponte". Anche in questa occasione furono offerti alla Madonna numerosi, preziosi doni.
1471 - Stavolta è Lorenzo di Giovanni Ruspoli a ricordarla con queste parole: "A dì 6 Gennaio tornò a Firenze la Tavola di Nostra Donna S. Maria Impruneta e quivi si fece una bella processione e bandissi la pace in quel dì per la Lega, e poi si bandì una bella giostra per il 17 Febbraio".
1473 - La Madonna dell‘Impruneta era stata chiamata a Firenze per far "rassettare il tempo" o per vincere la siccità, ma mai perché I’aria "rimanesse salutifera". Il 18 Maggio di quell’anno il problema, appunto, fu di natura ecologica. Non certo per il gas emanato dalle auto, bensì - ci dice lo stesso Giovanni Ruspoli nel suo Priorista - per "racconciarsi il tempo, che pioveva troppo essendo Confaloniere Chirico Pepi". Valli a capire questi Confalonieri!
1474/1477 - Tre volte in due anni la Tavola torna a Firenze: per cause simili alle precedenti, e quindi non di trascendentale interesse, le prime due; per un senso spiccato di lealtà dei fiorentini verso i propri alleati, la terza. La data: 25 Aprile. II motivo storico: la riconquista della città di Genova da parte del Duca di Milano, alleato appunto dei fiorentini.
1480 - La processione della Madonna di Impruneta, svoltasi il 25 Marzo per ringraziamento alla pace fatta con Ferrante Re di Napoli, si concluse con una amnistia che comportò la libertà - si legge - "sino in 10 prigioni, o carcerati delle Stinche, purché non siano rei d'omicidio o di ribellione, o di causa di Stato".
1483/1487/1494 - Tre occasioni di scarsa rilevanza: piogge, piccole guerre regionali. Relatori il Ruspoli e il Landucci. Le rispettive date: 30 Maggio, 14 Maggio e 19 Maggio.
1496 - La situazione continuava a restare drammatica per i fiorentini. La fame mieteva vittime, i morti si addensavano per le vie e le piazze della città. La Repubblica ricorse pertanto alla propria Benefattrice; e non appena questa entrò in Firenze accolta da cantici di mesta preghiera - ci narra Luca Landucci - "... giungeva notizia da Livorno che era giunto 12 navi di grano, che era l'armata del Re di Francia, e quelli di Livorno uscirono fuori e ruppono il campo dell'Imperatore e de' Pisani e fu tenuto che veramente La Vergine volesse aiutar Firenze e che quello fussi un saggio e viddesi chiaramente il Miracolo espresso".
1498 - Dopo la "sberla" di Livorno, l'Imperatore decise di cambiar rotta e di tornarsene d’onde era venuto. Il 17 Febbraio 1498, si fece così venire in Firenze - scrive il Rondinelli - "la nostra Donna di S. Maria Impruneta per pigliare buon partito di Lega e lasciare il Re di Francia."
1495 - Dopo un periodo di circa quaranta anni trascorsi felicemente, nel corso dei quali, oltre alla assenza di peste, la guerra non toccò il territorio della Repubblica fiorentina e la carestia non infierì sulla città, permettendo a questa di conoscere lo splendore degli umanisti e di rivelarsi nelle sue espressioni artistiche più esaltanti, tanto da essere definita L‘Atene d’Italia, gli eventi precipitarono di nuovo dopo la morte di Lorenzo Il Magnifico avvenuta nel 1492. Turbato l’equilibrio della pace di Lodi, la guerra divampò ancora in Italia, come ci dice il Guicciardini: "Era entrata in Italia una fiamma e una peste ... si roppe e si squarcio la unione di ltalia ... nacquero le guerre subite e violentissime". Firenze ne fu coinvolta. Lodovico Sforza, detto "II Moro", ambiva succedere a Lorenzo il Magnifico nel Governo di Toscana, e pur di raggiungere il suo scopo brigò con Carlo VIII, Re di Francia, incitandolo a proiettare le sue ambizioni sull’Italia. Fu come invitare la lepre a correre. Grazie alla tiepidezza di Piero de' Medici, fece proprie e senza contrasti Sarzana, Motrone, Pietramala, Pisa e Livorno, aprendosi la strada per Firenze dove entrò da trionfatore "per la porta di S. Frediano". Era il 17 Novembre 1494. Duro nei patti, nonostante le suppliche del Savonarola, si converti a più miti consigli nella famosa riunione del 26 Novembre, nella quale Pier Capponi, alla sfida spavalda del francese "noi daremo fiato alle nostre trombe", rispose fieramente: "e noi suoneremo le nostre campane". Con i resti della carta contenente i patti ancora sul muso, il Re di Francia si rese conto che i fiorentini non andavano tanto per il sottile e, a suo modo, cominciò ad amarli. Questi tuttavia restavano a guadare in brutte acque: impegnati contro i Pisani e i Perugini ei Senesi, non trovarono altra via che ricorrere nuovamente alla loro Protettrice e - ci dice Luca Landucci - "a’ 5 Giugno 1495 feciono venire la Tavola di nostra Donna S. Maria Impruneta et fecessegli un grande honore". L'avvenimento ebbe un "Organizzatore" d’eccezione: il Savonarola; il quale riuscì a raccogliere offerte da tutto il popolo rivelatesi, alla fine, assai cospicue. Iacopo Nardi scrive che: "una parte fu assegnata al sussidio delli molti poveri della Città, l’altra ai bisognosi del Piviere della detta S. Maria lmpruneta".
1499 - Di particolare interesse è questa processione, non tanto perché avvenuta nel contesto della guerra contro Pisa, quanto perché legata ad un episodio che ci narra Piero di Marco Parenti: "per la strada passando sotto certi ulivi una ciocca gliene si appiccò addosso et con essa venne in Città; et il popolo lo riprese in segno di buon augurio et tutta la moltitudine ne fece festa, talché la Signoria spaccio un Cavallaro a’ Commissari atteso che la N. Donna faceva dimostrazione di pace". La ciocca di olivo che era rimasta attaccata alla Sacra Immagine, all’uscire dalla città per far ritorno a Impruneta, cadde appunto e restò dentro le mura. L’olivo nel quale rimase impigliato il Velo della Vergine, ha resistito ad ogni avversa stagione, compreso le terribili gelate del gennaio 1985, ed è motivo di sosta e preghiera da parte di fedeli e pellegrini. Sotto di esso, situato in adiacenza alla via Imprunetana per Pozzolatico, subito dopo il Desco, è stato costruito un Tabernacolo e posto una lapide che ricorda I’avvenimento.
1500/1501/1502 - Il culto della Madonna d’Impruneta era talmente inserito nella vita del popolo fiorentino, che anche una ciocca di olivo restata fra le mura della città significava praticamente auspicio di vittoria in guerre, assedi e battaglie. Quasi a voler confondere il sacro col profano. Nel contesto culturale dell’epoca, quando fare la guerra voleva dire sottoporsi al giudizio di Dio, questo aspetto, in realtà, non stupisce più. E quasi sembra normale che alla Madonna, come alle dame dei tornei cavallereschi, si offrissero le bandiere dei vinti. Il Casotti afferma che di queste bandiere ce n’erano quattro, "... sospese sopra la porta della chie sa, ma così lacere, che non è stato possibile riconoscerne se non una, che era certamente di legno turchesco". Nel clima di quel periodo storico, la Tavola miracolosa torna quindi a Firenze, esattamente il 22 Aprile del 1500 e il 22 Dicembre dell’anno successivo; la prima volta per bisogni marginali e la seconda "per mettere a posto" Luigi XII, Re di Francia, che finisce col tirare le orecchie al Duca Valentino e riconsegna alla Repubblica tutte le terre toscane conquistate. La terza infine, per illuminare i fiorentini sulla scelta dell’uomo da sostituire a Piero de' Medici. La data: 21 Settembre 1502. L’eletto: Pier Soderini; che era uomo mite e troppo premuroso del pubblico bene, tanto che per questo fu alla fine vituperato, percosso, quasi ammazzato e cacciato in esilio.
1505/1509 - Pisa non molla e la Madonna di Impruneta viene richiamata a Firenze l’8 Settembre 1505 per aiutare i fiorentini nell’impresa; quindi vi ritorna quattro anni dopo, il 5 Maggio 1509, quando ormai la vittoria è certa. Ma la seconda circostanza è legata ad un episodio, che fu definito miracoloso, relativo all‘offerta alla Madonna di un manto ricchissimo da parte delle Monache delle Murate. Scrive il Rondinelli: "È giunta l’Immagine in Firenze e posata sulla piazza de i Signori, presente grande moltitudine di popolo, comparvero due bellissimi Giovani, i quali in nome del Monastero e Monache delle Murate, presentarono alla Beatissima Vergine un manto di broccato, bello al possibile, il che dette non piccolo stupore alla Città, sapendosi la povertà di quel luogo" e di quelle Suore. Le quali, interpellate in modo particolare da Domenico Alamanni, risposero "aver solo per obbedienza tessuto d‘Orazioni un Manto e consegnato agli Angioli perché lo offrissero alla Madonna..."
1511 - La circostanza è marginale ma significativa. A seguito di quella processione, avvenuta il 22 Maggio, le elemosine e i doni raccolti furono cosi copiosi che il Senato trasformò I’antica Opera della Chiesa in Corpo d’Opera separato, diretto per molto tempo (non sappiamo se ancora) dall'Ospedale degli Innocenti di Firenze "affinché le oblazioni dei fedeli fussero fedelmente custodite et amministrate".
1512/1513 - Dopo la sanguinosa battaglia di Ravenna, avvenuta nel giorno di Pasqua, il 30 di Agosto di quell’anno Raimondo di Cardona, Viceré di Napoli, cala in Toscana alla testa dei suoi terribili spagnuoli e prende d’assalto la città di Prato. Vengono uccisi migliaia di inermi cittadini e la città è praticamente rasa al suolo. Non sono risparmiati neanche Chiese e Conventi. Firenze ovviamente trema, e chiama nuovamente la Madonna di Impruneta, che vi giunge il 26 di Settembre, presente il Cardinale Giovanni de’ Medici, legato di Bologna. I fiorentini vengono risparmiati dagli orrori del sacco di Prato, ma debbono sborsare agli invasori qualcosa come centocinquantamila Fiorini. Trascorsi pochi mesi, il Cardinale Giovanni de' Medici fu assunto al Pontificato col nome di Leone X, per cui il 18 marzo deII’anno successivo Ia Tavola dell’Impruneta viene trasportata ancora a Firenze perché il neo papa - scrive il Rondinelli - "haveva portata tanta reverenza a quella Santa Signora".
1519/1522 - Tempi di piogge e di congiure per Firenze. Il Cardinale Giulio de' Medici, futuro Papa Clemente VII, è alla guida del Governo fiorentino e deve guardarsi dalla congiura ordita dal Card. Francesco Soderini, da Jacopo da Diacceto, Zanobi Buondelmonti, Luigi Alamanni ed altri fra i quali, forse, anche Niccolò Macchiavelli. La Madonna di Impruneta è cosi richiamata a Firenze il 10 Giugno 1522, tre giorni dopo che nel cortile del Bargello era stata mozzata la testa a Lodovico Alamanni, fratello del poeta Luigi, e a Jacopo da Diacceto.
1526/1528 - Diario di un Calabrese dalla Libreria Strozziana: "agIi 8 di Dicembre fu fatta ricondurre in Città la Madonna di lmpruneta e fervorosamente pregata". Motivo? Lo scampate pericolo dai "feroci spagnuoli", che risparmiarono Firenze per sbizzarrirsi pochi mesi dopo nell’orribile sacco di Roma. Il 18 Agosto 1928 invece la Tavola è chiamata per salvare la città dal flagello della peste, tanto violenta che - scrive Bernardo Segni - "morivano nella città, ogni giorno 300 e 400 persone et si fecie conto che perissero tra Firenze e Dominio, intorno a 150 mila". La peste decrebbe ma restavano carestia e fame, ciò anche per colpa di Andrea Doria che, fermo intorno a Livorno, non permetteva alcun approvvigionamento. Dice ancora l’anonimo Calabrese: "... venutaci la Tavola si mando a dirgli che fussi contento di lasciarci entrare qualche cosa da mangiare e da bere, e si ottenne..."
1529 - Scacciati i Medici nel 1527, Firenze tornò ad essere repubblicana; una Repubblica dalla vita breve, tuttavia, dai momento che nel 1529 le truppe di Carlo V avevano già invaso tutto il territorio fiorentino ed assediato la città. Alla guida dell’esercito repubblicano era Francesco Ferrucci, mentre Michelangiolo aveva progettato le fortificazioni. Il ricorso all’aiuto divino era pertanto scontato e il 10 Maggio "gli eccelsi Signori Priori e Gonfalonieri di Giustizia adunati co' loro venerandi Collegi, ... per incitare ed infervorare vie più il popolo e porgere suppliche a Dio: di qui è che osservate le cose da osservare e vinto il partito per 32 fave nere secondo gli ordini; deliberarono, che la devotissima tavola dell’Immagine di Maria Vergine dell'Impruneta si esponga e divotamente si porti a processione su per i monti circonvicini secondo il solito, il giorno di Pasqua dello Spirito Santo prossimo avvenire che sarà il di 16, del presente mese". Analoga delibera del 15 Agosto 1529 non ebbe effetto per il precipitare di eventi storici legati all’avanzata su Firenze dell’esercito imperiale guidato da Filiberto d’Orange, il cui epilogo fu la fuga degli stessi abitanti di Impruneta e il conseguente abbandono della Pieve e della Madonna da parte di essi. Scrive il Varchi: "Era fama, nel volgo fiorentino, che la Tavola della Madonna dell’Impruneta non volesse albergare dentro le mura di Firenze, donde una volta se n'era invisibilmente di notte tempo fuggita ... Ma perché ella alle mani di soldati e di gente luterana non capitasse, fece per partito che ella a Firenze nella Chiesa cattedrale condurre si dovesse". Ci pensò ser Lorenzo Vivoli, che nascose la Tavola dentro un forziere "e la condusse segretamente nel Monastero di S. Giorgio (altri dicono S. Gaggio) e con tutti i magistrati, eccettuata la Signoria, fu condotta in S. Maria del Fiore nella Cappella di S. Zanobi". La Tavola della Madonna di Impruneta rimase in Cattedrale per tutto il tempo dell’assedio di Firenze e fu oggetto di continue processioni e pellegrinaggi da parte degli assediati. Dinanzi a lei, in piazza Duomo, il dì 24 Ottobre sfilarono le milizie fiorentine, capitanate da Francesco Ferrucci e accompagnate da Michelangiolo Buonarroti.
1530 - Si ha notizia, in rapporto all'episodio storico più sopra ricordato, di una solenne processione tenuta il 6 Marzo del 1530 e di altre svoltesi nel mese di Aprile, ma in questo caso non si può parlare di traslazioni in quanto avvenute nel periodo che la Tavola stava in Firenze: "Vi andava sempre il Crocifisso da San Piero del Murrone e l’aItre reliquie della Città, e quando v‘andò la Signoria, v'andò a processione la Tavola dell‘Impruneta". Viene ricondotta a Impruneta il 18 Ottobre del 1530, pochi mesi dopo la firma dell'accordo che segnala fine dell’assedio.
1531/1538/1547 - Disagi, piogge, alluvioni. La Madonna dell’Impruneta è ancora chiamata in aiuto dai fiorentini. Quindi un lungo periodo di devozione inversa, cioè con quest‘ultimi che salgono a Impruneta per rendere omaggio alla loro Benefattrice, si fanno in quel periodo grandi processioni intorno al paese, le più significative delle quali sono quelle del 1556 e 1581, quando la Madonna fu condotta sul Monte delle SS. Marie seguita da "oltre 50.000 persone e 300 fratelli con torce ed oltre 40 Compagnie ..." Si ha notizia di altre processioni della Tavola miracolosa sul Monte delle SS. Marie; la più importante fu quella del 1713, voluta dal Granduca Cosimo III, alla quale concorsero "centomila persone". La benedizione fu data da Mons. Della Gherardesca, Arcivescovo di Firenze, "e S. Leonardo fece dal Monte un breve discorso, che fu miracolosamente udito dalla Gran Piazza del Paese". Seguirono per qualche altro anno processioni ricorrenti, ma dopo il 1740 la Madonna torna sul Monte delle Sante Marie soltanto il 14 Giugno 1970, ovvero quasi due secoli e mezzo dopo, in occasione delle cerimonie relative alla avvenuta ricostruzione delle Cappelline del Rosario che dalla Via Veneto s'inerpicano fin sulla cima del monte, costruite appunto agli inizi del 1700. Anche in quella occasione, decine di migliaia di fedeli seguirono la Tavola ed assistettero alla benedizione impartita dal Cardinale Ermenegildo Florit, Arcivescovo di Firenze.
1633 - Dal 1548 al 1633 La Tavola dell’Impruneta cessa i suoi "viaggi’” a Firenze. Se fino al 1547 essa fu portata in città in media ogni due anni e mezzo circa, "da quella data in poi venne a Firenze in media una volta per secolo". Ciò appare veramente strano poiché "uno degli aspetti più tipici della religiosità popolare del Cinquecento fu la crescita e lo sviluppo della devozione Mariana". Qualcuno azzarda in proposito un’ipotesi un tantino ardita ma non impossibile. Come fa Franco del Grosso: "può nascere anche il dubbio, almeno sotto Cosimo I, che questa Immagine così venerata e con un forte carattere repubblicano, fosse, tutto sommato prudente tenerla da parte, un po' in esilio, come in esilio era dal 1548 l‘arcivescovo di Firenze Monsignor Altoviti, per i suoi dichiarati sentimenti repubblicani". È nel 1633, quindi, che il culto di questa Madonna riprende vigore. Da tre anni L'Italia è sotto il flagello di quella terribile pestilenza della quale parla il Manzoni nei suoi "Promessi sposi". Anche il Granducato di Toscana ne è coinvolto, e il Granduca Ferdinando II decide di ricorrere "a quella Madonna di Impruneta, che faceva tutto quello di cui i fiorentini la supplicavano". Il bando porta la data del 18 Maggio e la Tavola giunse a Firenze il 20, restandovi per tre giorni. Narra Giuliano Cecini: "nei 10 giorni seguenti alla visita, la peste continuo a decrescere perché ne andavano al Lazzaretto solo 5 o 6 al giorno ed il di 11 cominciarono a tornare in città gli appestati guariti, mentre prima non ne tornava alcuno ... l’8 e il 9 Luglio, non essendovi nella città né malati, né morti di contagio, suonarono a festa tutte le campane di Firenze, le Fortezze fecero gazzarra di cannoni e di mortaretti e la sera si fecero fuochi". Moltissimi i doni offerti in quella occasione, tra i quali "Un voto ed una donazione" per parte del popolo e del Granducato: "digiunare in perpetuo il 7 Dicembre di ogni anno", e far dono di 10.000 scudi "da depositarsi sul Monte della Pietà" assegnando gli utili (500 scudi) "a venticinque fanciulle dell’Impruneta, la mattina del 21 marzo, a perpetua ricordanza...". II Voto è stato rispettato dai fiorentini fin quasi ai nostri tempi, ma la donazione fu per decreto Luogotenenziale incamerata all’inizio della prima guerra mondiale.
1711 - La traslazione della Tavola venne ordinata dal Granduca Cosimo III: "per le ostinate, sanguinose guerre che disertavano le Provincie, la peste che scorreva senza freno, quasi fin sulle porte d‘Italia; le continue inondazioni che allagavano le campagne; lo sconvolgimento delle stagioni..." In realtà, però, il Granduca era preoccupato "per la successione della serenissima casa", negata dalla sterilità delle proprie nuore, Annamaria di Sassonia e Violante Beatrice di Baviera, e perla malattia del proprio figlio Ferdinando; che morì peraltro nel 1713 senza lasciare eredi, mentre l’altro figlio Giangastone ebbe un matrimonio infelice e con lui si estinse la famiglia de’ Medici. Giovanni Battista Casotti nelle sue voluminose "Memorie lstoriche della Miracolosa Madonna di Impruneta", impiega per descrivere questa processione ben 7O pagine. Ciò dimostra la solennità cui fu pervasa, il grande concorso di popolo e di Magnati, la preziosità dei doni raccolti. In quella occasione, la Madonna dell’Impruneta fu pubblicamente dichiarata "Liberatrice della Toscana e Compatrona della Città e della Arcidiocesi" (in uno quindi, con la Santissima Annunziata). Quasi tutti gli storici assicurano che questa fu l’ultima processione a Firenze della Tavola Miracolosa. Ma non è così. Anche durante la reggenza lorenese la Madonna di Impruneta fu portata a Firenze. Ecco come e perché.
1740 - Si legge: "e il dì 4 Dicembre il fiume cominciò a dar fuori dalle sponde in lungarno, presso la casa Corsini e a correr l’acqua per Borgognissanti ... anche in quasi tutte le vie per l‘ingorgo delle fogne che straripavano, si ebbe una completa inondazione ... L‘Arno diede fuori spaventosamente nel Pian di Ripoli e da per tutto fuori porta alla Croce, in forma tale, che dalla stessa porta e da quella di S. Niccolò, rimettevano acqua in Firenze, come due fiumi, unendosi a quello che traboccava dalla corte e terreni delle case nuove del Corso de' Tintori ... Ma intanto continuava a piovere malidettamente, peggiorando cosi la situazione della disgraziata città. Si pensò allora di ricorrere alla Madonna dell’Impruneta ed il dì 24, vigilia di Natale, si bandì a suon di trombe, la venuta di quella Sacra immagine ... lIl giorno di Natale si fece la solennissima traslazione del Tabernacolo, che a tappe, posando prima a S. Gaggio, poi alla Chiesa dello Spirito Santo sulla Costa e quindi alle 5 del mattino del 26, a quella di S. Felìcita, fu tratto con processione straordinarissima fino al Duomo". Dalla Chiesa di S. Felìcita, I’enorme processione impiego più di tre ore per percorrere il tragitto da Via Maggio a Via Cerretani e quindi alla Cattedrale. Si legge ancora: "Tuonarono le artiglierie dalle Fortezze di Belvedere e da quella da Basso, si spararono ripetute Salve di mortaretti, suonarono le campane di tutte le Chiese e di Tutti i Campanili...".
"LA TRASLAZIONE DEL 1944-1947"
Testo tratto da un articolo di Giuseppe Pieraccini, contenuto nel fascicolo "Basilica di S.Maria - Impruneta - Sei secoli di storia: una città, un paese, una Madonna", stampato in occasione della traslazione della Venerata Immagine del 1988 per l'Anno Mariano e per il Sinodo della Chiesa fiorentina.
Era l'anno 1944. La nostra terra viveva i momenti tragici del passaggio della guerra. Gli eserciti alleati risalivano verso il nord, ricacciando i Tedeschi; devastazioni, rappresaglie, fame affliggevano la popolazione inerme e terrorizzata. La sera del 27 Luglio due consecutivi bombardamenti colpirono il paese, seminando morti e rovine; un cannoneggiamento continuo rese difficile la fuga verso Firenze di quasi tutti gli abitanti. La mattina del 28 i cacciabombardieri inglesi sganciarono di nuovo i loro micidiali ordigni sul paese ormai quasi deserto. Ma la loro opera fu egualmente nefasta: la Basilica fu colpita in maniera gravissima; il Tabernacolo e l’Immagine della Vergine, miracolosamente illesi, si elevavano su macerie e morti. Un cupo silenzio, rotto solo dai sibili e dagli scoppi delle granate, dominava in quella indimenticabile desolazione.
Monsignor Panerai, parroco della Chiesa fiorentina di S. Felice in Piazza, conosciuti dalla voce dei fuggiaschi i tragici fatti, con la benedizione e l'incoraggiamento del Servo di Dio Cardinal Elia Dalla Costa, ottenute due autoambulanze dalla Misericordia di Firenze e una dalla Croce Rossa, accorse a Impruneta, sfidando il continuo bombardamento dei cannoni e le incursioni dei cacciabombardieri. Delle tre macchine una tornò a Firenze con alcuni feriti, le altre due rientrarono in città, perché impossibilitate a proseguire. Con la migliore di queste, Mons. Panerai, accompagnato da due coraggiosi volontari raggiunse di nuovo il paese martoriato, "Il bombardamento - ricorda Mons. Panerai - che aveva di poco preceduto il nostro arrivo aveva spazzato completamente il paese da ogni anima viva ... La sera, circa le 19, avevamo fatto ben sei viaggi, portando giù quante più persone possibili". II sabato 29 Luglio Mons. Panerai dopo altri viaggi di soccorso ai pochi rimasti, con I‘aiuto di tre volontari - Pierantoni Antonio di S. Pietro in Palco, Franconi Carlo di Ricorboli e Fallani Giovanni di S. Felice -, di due militi della C.R., di Don Bruno Borghi, di una suora e di un soldato tedesco, rimosse la Sacra Immagine e la porto nella sua chiesa, S. Felice in Piazza.
Passarono tre lunghi anni dedicati alla ricostruzione del paese e della Basilica. l lavori furono diretti con capacità e soprattutto con grande amore, dall’arch. Ferdinando Rossi.
Finalmente l’11 Maggio 1947, un giorno indelebile nella memoria di chi lo visse, il popolo esultante e commosso, partendo da S. Felice in Piazza, riaccompagnò a piedi, la sua Madonna collocata su un carro trainato da buoi, secondo l‘antica tradizione. La processione, una vera apoteosi, sempre più numerosa via via che si toccavano le varie località poste lungo l’itinerario, raggiunse il Santuario in un clima di fervore e di partecipazione. La commozione era al massimo: giovani e vecchi avevano la sensazione che ora, finalmente, fosse cessato un incubo e che la vita potesse riprendere, chiudendo un periodo di lutti e di sventure. Ora, sotto lo sguardo della Madonna, anche la ricostruzione del tessuto sociale poteva svolgersi con un altro ritmo. Era il ritorno di Colei che sempre era stata per il nostro paese simbolo di amore e di pace. Mi piace chiudere questa nota con quanto scrissi allora: "Ritornava con Lei la rassegnata e confidente accettazione delle rovine, dei dolori, dei lutti, ma soprattutto ritornava la certezza del conforto e del consiglio e dell’aiuto della Madre Celeste; come nei secoli scorsi la Madonna dell’Impruneta ritornava ad indicare al suo popolo la via della speranza, della carità, dell‘amore, unica sola via che conduce alla vita eterna".
Monsignor Panerai, parroco della Chiesa fiorentina di S. Felice in Piazza, conosciuti dalla voce dei fuggiaschi i tragici fatti, con la benedizione e l'incoraggiamento del Servo di Dio Cardinal Elia Dalla Costa, ottenute due autoambulanze dalla Misericordia di Firenze e una dalla Croce Rossa, accorse a Impruneta, sfidando il continuo bombardamento dei cannoni e le incursioni dei cacciabombardieri. Delle tre macchine una tornò a Firenze con alcuni feriti, le altre due rientrarono in città, perché impossibilitate a proseguire. Con la migliore di queste, Mons. Panerai, accompagnato da due coraggiosi volontari raggiunse di nuovo il paese martoriato, "Il bombardamento - ricorda Mons. Panerai - che aveva di poco preceduto il nostro arrivo aveva spazzato completamente il paese da ogni anima viva ... La sera, circa le 19, avevamo fatto ben sei viaggi, portando giù quante più persone possibili". II sabato 29 Luglio Mons. Panerai dopo altri viaggi di soccorso ai pochi rimasti, con I‘aiuto di tre volontari - Pierantoni Antonio di S. Pietro in Palco, Franconi Carlo di Ricorboli e Fallani Giovanni di S. Felice -, di due militi della C.R., di Don Bruno Borghi, di una suora e di un soldato tedesco, rimosse la Sacra Immagine e la porto nella sua chiesa, S. Felice in Piazza.
Passarono tre lunghi anni dedicati alla ricostruzione del paese e della Basilica. l lavori furono diretti con capacità e soprattutto con grande amore, dall’arch. Ferdinando Rossi.
Finalmente l’11 Maggio 1947, un giorno indelebile nella memoria di chi lo visse, il popolo esultante e commosso, partendo da S. Felice in Piazza, riaccompagnò a piedi, la sua Madonna collocata su un carro trainato da buoi, secondo l‘antica tradizione. La processione, una vera apoteosi, sempre più numerosa via via che si toccavano le varie località poste lungo l’itinerario, raggiunse il Santuario in un clima di fervore e di partecipazione. La commozione era al massimo: giovani e vecchi avevano la sensazione che ora, finalmente, fosse cessato un incubo e che la vita potesse riprendere, chiudendo un periodo di lutti e di sventure. Ora, sotto lo sguardo della Madonna, anche la ricostruzione del tessuto sociale poteva svolgersi con un altro ritmo. Era il ritorno di Colei che sempre era stata per il nostro paese simbolo di amore e di pace. Mi piace chiudere questa nota con quanto scrissi allora: "Ritornava con Lei la rassegnata e confidente accettazione delle rovine, dei dolori, dei lutti, ma soprattutto ritornava la certezza del conforto e del consiglio e dell’aiuto della Madre Celeste; come nei secoli scorsi la Madonna dell’Impruneta ritornava ad indicare al suo popolo la via della speranza, della carità, dell‘amore, unica sola via che conduce alla vita eterna".
"LA TRASLAZIONE PER L'ANNO MARIANO DEL 1988"
Dalla presentazione del sinodo di Silvano card. Piovanelli arcivescovo emerito di Firenze, contenuto nel fascicolo "Basilica di S.Maria - Impruneta - Sei secoli di storia: una città, un paese, una Madonna", stampato in occasione della traslazione della Venerata Immagine del 1988 per l'Anno Mariano e per il Sinodo della Chiesa fiorentina.
Nei tempi passati pestilenze, assedi e guerre hanno chiamato a Firenze la Madonna dell’Impruneta. Oggi, a chiamarla è il Sinodo Diocesano.
Dopo oltre quarant’anni, la Chiesa fiorentina celebra nuovamente il suo Sinodo, Il primo dopo il concilio Vaticano II. Il primo a cui, secondo lo spirito del Vaticano II e le prescrizioni canoniche attuali, sono chiamati, oltre i sacerdoti, anche le religiose e i laici uomini e donne.
Il Sinodo non è una pestilenza, né un assedio; ma il tempo nel quale viviamo è paurosamente inquinato e la Chiesa e l'umanità sono assediati da ogni parte: secolarismo e ateismo pratico, consumismo e conformismo acritico. Come nelle grandi battaglie Israele portava tra i soldati l'arca di Dio, cosi la Chiesa di Firenze porta nella sua cattedrale l’immagine della Madonna dell’Impruneta.
Noi supplichiamola Madonna, perché come l'antica Ester ci liberi dal maligno, come Giuditta a Betulia ci faccia rompere ogni assedio, come nelle nozze di Cana ci ottenga da Gesù che la nostra povera acqua diventi vino buono. Noi ascoltiamo la Madonna, quando col suo esempio ci dice di accogliere e custodire le parole del Signore, quando con le sue labbra ci ripete: "fate ciò che Egli vi dirà". Noi seguiamo la Madonna, quando ci conduce sulle strade di Dio e degli uomini e ci domanda fedeltà sino alla spada che trapassa l'anima e sino alla croce drizzata sul Golgota.
La Madonna viene a Firenze, perché Firenze vada a Maria. Viene dentro le mura della città e in quel centro che è la cattedrale, perché anche noi, tutti, la prendiamo in casa nostra e la mettiamo nel mezzo dei nostri pensieri, affetti, impegni. E questo, sempre. Di notte e di giorno. D’inverno e d'estate, Da giovani e da vecchi. Come persone e come comunità. Questo, particolarmente in questo tempo di grazia che è il Sinodo Diocesano. Maria Santissima, che in Oriente chiamano "odigitria", è Colei che, in Oriente e in Occidente, sotto ogni cielo e in ogni stagione, mostra agli uomini la via che è Cristo. La garanzia luminosa che il sinodo sia "cammino insieme" - insieme con Cristo, insieme tra di noi, insieme con gli uomini - è che sia cammino con Maria, Madre di Dio e Madre degli uomini.
Dopo oltre quarant’anni, la Chiesa fiorentina celebra nuovamente il suo Sinodo, Il primo dopo il concilio Vaticano II. Il primo a cui, secondo lo spirito del Vaticano II e le prescrizioni canoniche attuali, sono chiamati, oltre i sacerdoti, anche le religiose e i laici uomini e donne.
Il Sinodo non è una pestilenza, né un assedio; ma il tempo nel quale viviamo è paurosamente inquinato e la Chiesa e l'umanità sono assediati da ogni parte: secolarismo e ateismo pratico, consumismo e conformismo acritico. Come nelle grandi battaglie Israele portava tra i soldati l'arca di Dio, cosi la Chiesa di Firenze porta nella sua cattedrale l’immagine della Madonna dell’Impruneta.
Noi supplichiamola Madonna, perché come l'antica Ester ci liberi dal maligno, come Giuditta a Betulia ci faccia rompere ogni assedio, come nelle nozze di Cana ci ottenga da Gesù che la nostra povera acqua diventi vino buono. Noi ascoltiamo la Madonna, quando col suo esempio ci dice di accogliere e custodire le parole del Signore, quando con le sue labbra ci ripete: "fate ciò che Egli vi dirà". Noi seguiamo la Madonna, quando ci conduce sulle strade di Dio e degli uomini e ci domanda fedeltà sino alla spada che trapassa l'anima e sino alla croce drizzata sul Golgota.
La Madonna viene a Firenze, perché Firenze vada a Maria. Viene dentro le mura della città e in quel centro che è la cattedrale, perché anche noi, tutti, la prendiamo in casa nostra e la mettiamo nel mezzo dei nostri pensieri, affetti, impegni. E questo, sempre. Di notte e di giorno. D’inverno e d'estate, Da giovani e da vecchi. Come persone e come comunità. Questo, particolarmente in questo tempo di grazia che è il Sinodo Diocesano. Maria Santissima, che in Oriente chiamano "odigitria", è Colei che, in Oriente e in Occidente, sotto ogni cielo e in ogni stagione, mostra agli uomini la via che è Cristo. La garanzia luminosa che il sinodo sia "cammino insieme" - insieme con Cristo, insieme tra di noi, insieme con gli uomini - è che sia cammino con Maria, Madre di Dio e Madre degli uomini.
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